L’inchiesta per rivelazione del segreto ed accesso abusivo a sistema informatico che vede coinvolti, fra gli altri, il sostituto procuratore nazionale antimafia Antonio Laudati, l’ex maresciallo della guardia di finanza, poi promosso ufficiale, Pasquale Striano, e alcuni giornalisti del Domani, pare ormai destinata ad essere condotta sui quotidiani e non invece nelle sedi preposte, e quindi negli uffici giudiziari. Ieri mattina Laudati era atteso presso la procura di Perugia diretta da Raffaele Cantone dove, dopo aver ricevuto un invito a comparire, avrebbe dovuto essere sottoposto ad interrogatorio. All’ultimo momento, pero, il magistrato ha fatto sapere di volersi avvalere della facoltà di non rispondere. «Dopo la massiccia ed incontrollata diffusione di notizie coperte dal segreto istruttorio, ritengo che non sussistano, al momento, le condizioni per lo svolgimento dell’interrogatorio, peraltro ampiamente preannuciato alla stampa, per esercitare concretamente il diritto di difesa», ha scritto Laudati, difeso dall’avvocato Antonio Castaldo, in una nota. «È in atto un ampio dibattito, su tutti i media nazionali, in cui mi vengono attribuiti fatti gravissimi ( e sicuramente diffamatori) che risultano differenti da quelli contestati e dalla realtà che conosco», ha quindi aggiunto Laudati, precisando comunque di aver agito sempre correttamente.

Lo stesso Laudati, a tal riguardo, nei giorni scorsi aveva rilasciato diverse dichiarazioni ai media in cui sottolineava la sua completa estraneità ai fatti contestati, affermando che nessun accertamento “abusivo” era mai stato effettuato nei confronti del ministro della Difesa Guido Crosetto, dalla cui denuncia era nato il procedimento in questione. L’accesso nei confronti di Crosetto, in particolare, era stato effettuato dagli uffici della Guardia di Finanza del nucleo di polizia valutaria nell’ottobre 2022, sulla piattaforma della banca dati “Serpico” dell’Agenzia delle entrate, che non era in dotazione alla Dna. Ed era stato proprio Striano ad effettuarlo. Nel corso degli accessi abusivi era stata acquisita la dichiarazione dei redditi di Crosetto, con l’indicazione dei compensi ricevuti, e tale documento era stato pubblicato qualche giorno dopo sul Domani. L’indagine, inizialmente incardinata presso la procura di Roma, era stata allora trasmessa alla procura di Perugia, competente per i reati eventualmente commessi dai magistrati della Capitale, sulla base delle dichiarazioni di Striano.

Sentito dagli inquirenti, il finanziere avrebbe affermato infatti che Laudati, da cui dipendeva funzionalmente nei tre giorni in cui prestava servizio a via Giulia, fosse a conoscenza del suo operato. «Se è così, si tratta di dichiarazioni sicuramente false ed eventualmente caratterizzate da un intento calunnioso, al solo fine di giustificare il suo comportamento individuato con l’accesso abusivo nei confronti del ministro Crosetto, paventando un inesistente modus operandi», era stata la replica di Laudati in una delle sue innumerevoli dichiarazioni ai media. Striano, da parte sua, in questi giorni ha anch’egli rilasciato diverse interviste alla stampa, non si sa bene se autorizzato o meno dal Comando generale della guardia di finanza, per difendere l’attività svolta in questi anni alla Dna. Come se non bastasse, Striano si è anche lasciato andare a pesanti giudizi di valore sull’Antimafia, ritenuta di fatto un carrozzone che «non ha più motivo di esistere» e con investigatori «non in grado di fare le indagini», ironizzando anche sull’età del procuratore nazionale Giovanni Melillo, che aveva affermato di non sapere cosa facesse. In tutto ciò si inserisce la quanto mai irrituale decisione di Cantone e dello stesso Melillo di essere ascoltati dalla Commissione parlamentare antimafia, dal Copasir e dal Comitato di presidenza del Csm.

Una decisione che è stata stigmatizzata dal procuratore generale di Perugia Sergio Sottani, secondo il quale è necessario «il bilanciamento tra il doveroso diritto dell’opinione pubblica ad essere informata nella fase delle indagini ed il rispetto della presunzione d'innocenza». Compito del pg, ha ricordato Sottani, è quello segnalare agli «organi competenti quelle che potrebbero apparite eventuali anomalie comportamentali nell’esercizio della funzione giurisdizionale». L’indagine sul dossieraggio alla Dna, ed il suo incredibile corto circuito mediatico- giudiziario, sarà sicuramente destinata ad essere ricordata a lungo.