Non si arrestano le polemiche contro l’ufficio del Massimario della Cassazione, dopo il documento - di cui il Dubbio vi ha raccontato in anteprima - sul decreto Sicurezza e quello, reso noto dal Manifesto, sul decreto Albania. Relazioni che hanno fatto trasecolare il ministro della Giustizia Carlo Nordio, al punto da annunciare approfondimenti per «conoscere l’ordinario regime di divulgazione» di quei testi, da sempre accessibili online senza particolari difficoltà.

Incredulità condivisa dall’Anm, ma in senso contrario: uno dei compiti specifici dell’Ufficio del Massimario, ha replicato il sindacato delle toghe, «è proprio quello di redigere le relazioni sulle novità normative, evidenziandone anche le eventuali criticità dal punto di vista della tenuta costituzionale». La critica sul merito del testo è trasversale alla comunità dei giuristi: avvocati, magistrati e docenti hanno infatti evidenziato più volte i pericoli insiti nel testo, manifestando un’unità di posizioni mai vista prima. Ed è proprio quelle posizioni che il Massimario riporta, citando punto per punto l’origine delle riflessioni critiche.

Ma per il professore Oliviero Mazza, ordinario di diritto processuale penale all’Università degli studi Milano-Bicocca, il problema è di metodo. E in uno Stato di diritto non è una questione secondaria. «Non vorrei che l’incredulità reciproca fra Nordio e Anm facesse passare in secondo piano la vera posta in gioco ossia l’indipendenza della magistratura - spiega -. Perché il Massimario si pronuncia su temi che la Cassazione affronterà, forse, tra qualche anno? A che titolo scrive il Massimario se non c’è nulla da massimare, mancando la giurisprudenza sul dl sicurezza e meno che mai la giurisprudenza di Cassazione?».

La risposta, secondo il giurista, può essere soltanto una: «Un dogmatismo d’imperio, una interpretazione preventiva al di fuori di ogni compito giurisdizionale, con l’evidente intento di condizionare le giurisdizioni di merito prima ancora che si formi una giurisprudenza di legittimità. Se il Massimario vuole fare dottrina - aggiunge Mazza -, dismetta i panni della Cassazione e si ponga sullo stesso piano degli altri interpreti. Ne va dell’indipendenza organica interna della magistratura, valore non inferiore a quello della indipendenza esterna dalla politica». L’interpretazione preventiva dei testi di legge, aggiunge Mazza, «non rientra tra i compiti del Massimario».

 Il suo ruolo è disciplinato dall’articolo 68 della legge di ordinamento giudiziario: compito del Massimario «è l’analisi sistematica della giurisprudenza di legittimità, condotta allo scopo di creare un’utile e diffusa informazione (interna ed esterna alla Corte di Cassazione) necessaria per il miglior esercizio della funzione nomofilattica della stessa Corte”». Questa attività, «ossia favorire la nomofilachia della Cassazione, “si articola” anche nella redazione di relazioni “su novità legislative, specie se di immediata incidenza sul giudizio di legittimità”. Dunque, come può essere di ausilio alla nomofilachia interna della Cassazione e al lavoro dei giudici della Corte di Cassazione la relazione sul dl sicurezza, posto che di tale materia per anni non dovranno occuparsi?». Mazza cita anche Giuliano Scarselli, secondo cui «se la Corte di Cassazione, attraverso l’Ufficio del Massimario, si rende essa stessa dottrina», allora «il problema si pone, perché quell’orientamento può condizionare la libertà dei giudici».

La polemica è rovente, tanto da spingere la Prima Presidente, Margherita Cassano, a replicare tramite due interviste alla polemica, difendendo l’operato del Massimario: «Si tratta di analisi tecnico-scientifiche messe a disposizione dei giudici, senza alcun automatismo né condizionamento - ha dichiarato al Corriere -. Ogni giudice resta libero e autonomo». Ma la discussione va avanti.

Il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto, minimizza il peso del parere, ma avverte sul «rischio di un’invasione di campo nei processi interpretativi», criticando i toni «eccessivamente severi e di parte», che «rischiano di apparire politici». Più moderato il deputato di Forza Italia, Enrico Costa, che rigetta «posizioni sbagliate» sia di chi attacca il decreto sia di chi accusa la Cassazione di fare politica. Costa ricorda come la Cassazione abbia il diritto e dovere di analizzare le norme, anche se «queste analisi non sono sempre oro colato». Molto duro Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di FI, che accusa il Massimario di svolgere una «valutazione preventiva non prevista dalle norme» e di esercitare «un contropotere», con «un uso politico della giustizia che si estende ad altre strutture».