Giuriamo: “mai più!”. E poi non sappiamo cosa farcene delle nostre reazioni indignate di fronte alla tragedia che si ripresenta sempre uguale. Con la cronaca dell’ennesimo femminicidio che è anche la cronaca dell’ennesimo fallimento a cui, come società, non sappiamo porre rimedio.

L’ultimo, avvenuto in provincia di Verona, non fa eccezione. Jessica Stapazzolo Custodio de Lima, 33 anni, brasiliana, è stata uccisa «con un numero imprecisato, ma comunque smisurato di coltellate». Lo dicono i carabinieri di Verona, che oggi hanno arrestato il compagno della donna, Reis Pedroso, 41 anni, anche lui di origini brasiliane.

Sarebbe stato l’uomo, nella notte tra lunedì e martedì, a chiamare le forze dell’ordine per manifestare l’intento di suicidarsi. La telefonata avrebbe fatto scattare i primi accertamenti, che hanno portato al ritrovamento del corpo senza vita della vittima, all’interno della sua abitazione di Castelnuovo del Garda.

Secondo le prime informazioni, i due la condividevano da oltre un anno, un periodo segnato da una lunga lista di violenze per i quali Reis Pedroso era già noto alle forze dell’ordine. Almeno dallo scorso aprile, quando l’uomo era stato sottoposto al divieto di avvicinamento alla compagna e ai luoghi che frequentava, con l’applicazione del braccialetto elettronico. Il dispositivo, al momento, sembra sparito nel nulla. L’uomo non lo indossava quando è stato fermato, e non si sa quando e come se ne sia disfatto. Mentre il coltello che avrebbe utilizzato per uccidere la compagna è stato ritrovato all’interno della sua auto.

Per ora, è stato rintracciato soltanto l’apparato consegnato il 19 maggio a Jessica Stapazzolo dopo l’applicazione del braccialetto: era nascosto, inattivo, nel garage dell’abitazione della madre di Pedroso, a Ponti Sul Mincio. E la politica tutta, a partire dal governatore Luca Zaia e dal senatore di Forza Italia Pierantonio Zanettin, si domanda come sia possibile che non sia scattato l’allarme: il primo esprimendo sconcerto per un episodio che «pone domande inquietanti» sul funzionamento delle tecnologie impiegate per tutelare le donne; il secondo depositando una nuova interrogazione al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e al guardasigilli Carlo Nordio.

Il malfunzionamento dei braccialetti elettronici, ricorda Zanettin, è un fatto già noto. «Tant’è che è stato oggetto di un'indagine conoscitiva della Commissione Giustizia del Senato e di una nostra interrogazione rimasta priva di risposta. Ma queste criticità stanno costando delle vite umane, e questo non è tollerabile», aggiunge il senatore azzurro.

A suscitare ulteriori domande sull’accaduto ci sono anche le notizie che man mano emergono sulle violenze già subite dalla donna. Un quadro familiare che avrebbe allertato anche i vicini di casa e gli amici, ai quali la donna non rispondeva almeno da sabato scorso. Pedroso, secondo quanto riferiscono le forze dell'ordine, è già sottoposto a procedimento penale per numerose ipotesi di reato: maltrattamenti e lesioni volontarie ai danni della compagna commessi quantomeno da agosto 2024 ad aprile 2025. Quando, dopo l’episodio più grave, alla donna è stata tolta la custodia della figlia nata da una precedente relazione.

In quell’occasione, l’uomo aveva gettato a terra la vittima, «trascinandola per i capelli sull'asfalto, colpendola con tre pugni al volto e infine attingendola ripetutamente al volto e al collo con la chiave della sua autovettura», spiegano i carabinieri di Caprino Veronese, che lo avevano arrestato in flagranza. Su richiesta della procura, il giudice aveva quindi applicato la misura cautelare. In seguito, il Questore di Verona aveva emesso provvedimento di ammonimento. E nella stessa indagine, i carabinieri gli hanno anche contestato “alcuni fatti di violenza sessuale dal medesimo perpetrati nel dicembre 2024” ai danni della sorella della vittima.

Sulle prime, appreso il fatto, le agenzie di stampa riferivano di alcune denunce ritirate dalla donna. Una circostanza non verificata ma in ogni caso ininfluente, dal momento che il reato di maltrattamenti è procedibile d’ufficio. Sembra utile chiarirlo, quando ci si domanda cosa avremmo dovuto e potuto fare per salvare l’ennesima donna uccisa tra le mura di casa. Mentre cerchiamo tra i numeri la risposta a un fenomeno che continuiamo a trattare come “emergenza”.

Si parte dai dati annuali, che non sono mai coerenti: almeno 50, fino a 70, le donne uccise dall’inizio dell’anno secondo le diverse stime disponibili. Che concordano almeno su un punto: la maggior parte delle donne muore per mano del marito, del compagno, dell’ex. Da qui parte anche la risposta penale, prima con la normativa del Codice rosso, pensata per contrastare la violenza di genere e offrire una “corsia” privilegiata alle donne. Poi con il ddl femminicidio, che puntando sull’inasprimento delle pene raccoglie le critiche di chi sostiene che non sarà mai la prospettiva di un ergastolo a fermare la mano dell’assassino. Mentre chiudono gli sportelli antiviolenza, come è stato chiuso quello di Castelnuovo del Garda.

Ci vuole più cultura ed educazione, ripetiamo. Ed è su questo punto che oggi si sono riaperte le polemiche, dopo la scelta del governo di cancellare l’educazione alla sessualità nelle scuole. Con il Pd e il M5S che criticano le parole pronunciate ieri da Nordio, per il quale l’educazione «si fa in famiglia, con l’esempio».