Rivendicando «il ruolo e la missione più elevata che un avvocato possa recitare nella sua funzione difensiva, non limitando la stessa al solo rigore professionale ma innervandola di senso di umanità e empatia per le sorti dei propri assistiti» e rifiutando «il ruolo di concorrente nell’opera di deumanizzazione del proprio assistito in special modo quando proposta in aperto contrasto con i dettami costituzionali e con le basilari regole che devono e dovrebbero essere comuni ad ogni essere umano come insegnateci nei libri di Primo Levi» l’avvocato Flavio Rossi Albertini ha chiesto al Consiglio distrettuale di disciplina del Coa di Roma di archiviare la segnalazione a suo carico per aver compiuto un gesto di generosità verso Alfredo Cospito.

Come raccontato qualche settimana fa sul Dubbio, il legale era stato segnalato, su input del Gom (Gruppo Operativo Mobile della Polizia Penitenziaria), dalla direzione del carcere di Sassari all’Ordine degli avvocati della capitale per aver salutato il suo assistito, ristretto al 41bis dal 2022, con due baci sulle guance e una stretta di mano al termine di un colloquio. «Tenuto conto della caratura criminale dei soggetti ristretti presso il reparto 41 bis di questo istituto - si leggeva nella relazione della direzione del carcere - ed il significato intrinseco che può avere tale saluto, si chiede di valutare se il comportamento dell'avvocato sia deontologicamente corretto, anche al fine di dare le opportune indicazioni al personale di Polizia Penitenziaria che con abnegazione e professionalità assicura la vigilanza dei detenuti sottoposti al regime di cui all' art. 41 bis».

Per replicare, Rossi Albertini, nella sua memoria difensiva, ha ricordato che il regime di detenzione del 41 bis o.p. ha quale finalità «quella di impedire al condannato di comunicare con la consorteria criminale di appartenenza», ma tutto ciò che esula da tale scopo «persegue propositi ultronei, non dichiarati, incompatibili con il principio di umanità e rieducazione della pena sancito dall’art. 27 Cost., dall’art. 7 del Patto Internazionale per i Diritti civili e politici nonché dall’art 3 Cedu».

Com’è noto, inoltre, il detenuto al 41 bis è privato di ogni contatto umano con qualsiasi soggetto estraneo al gruppo di socialità in cui è inserito. Il colloquio mensile, di una sola ora, riconosciutogli con i prossimi congiunti, è compiuto in salette dotate di vetro divisorio, la comunicazione verbale è realizzata tramite un apparecchio citofonico, alla presenza di un agente del Gom, e i dialoghi sono registrati. Il detenuto non ha pertanto il diritto di stringere la mano, abbracciare, baciare, i figli, la madre, il padre, i fratelli. Nessun contatto fisico è ammesso al 41 bis. Contro tale regime Cospito aveva anche intrapreso uno sciopero della fame protrattosi per quasi sei mesi, giungendo a perdere circa trenta chili di massa corporea e mettendo in pericolo la sua stessa vita. Ancora oggi quel regime gli impone restrizioni maggiori rispetto a quelle previste per legge: ultimamente infatti non gli vengono consegnate né le lettere né gli vengono dati i libri richiesti come l’ultimo di Scurati, uno sulla fisica quantistica e uno su Gramsci, senza alcuna motivazione.

Cospito, dice Rossi Albertini, rappresenta «per me una persona con la quale ho attraversato esperienze umane e professionali fortemente significative, caratterizzate da gioie e delusioni, sconfitte e vittorie processuali». Il 9 maggio 2025 - racconta - «come accade regolarmente da numerosi anni, il sottoscritto giunto a visitare il detenuto in Istituto gli stringeva la mano e lo baciava sulle guance, unico soggetto proveniente dall’esterno a poter compiere quel gesto di vicinanza e empatia umana. Un atto che rivendico quale dimostrazione dell’umanità e del ruolo non solo professionale che un avvocato edifica con il proprio cliente, un essere umano prima ancora che un detenuto». D’altronde - scrive ancora nella sua memoria - «sono gli insegnamenti della cultura occidentale a ricordarci, avvocati o meno, che prima del diritto positivo esiste un diritto naturale superiore ad ogni legge umana o regolamentazione ministeriale. È Rousseau nell’Origine delle Disuguaglianze a rammentarci che la prima e più semplice operazione dell’anima umana è “la ripugnanza naturale a veder soffrire qualunque essere sensibile, e soprattutto i nostri simili”, a dirci “che anche il detrattore più spinto delle virtù umane” è costretto a riconoscere all’uomo il sentimento di “pietà”, moto che “persino le bestie ne danno qualche volta dei segni sensibili”; è Sofocle a far dire ad Antigone a confronto con il tiranno Creonte “non pensavo che i tuoi editti avessero tanta forza che un mortale potesse trasgredire le leggi non scritte e incrollabili degli dèi. Infatti queste non sono di oggi o di ieri ma sempre vivono e nessuno sa quando apparvero”».

Date tutte queste premesse, Rossi Albertini ha chiesto al consiglio di disciplina di archiviare la sua posizione sottolineando ancora una volta che «gli avvocati non si presteranno mai a recitare un ruolo subalterno e ancillare nei confronti di chi intende nelle maglie dei regolamenti mutare il senso e lo spirito dei traguardi raggiunti dall’assemblea costituente con l’art. 27 della Costituzione». Adesso l’organo di controllo può decidere di mettere tutto nel cassetto oppure fare una istruttoria più ampia, sentendo anche il legale.