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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio
Appena alla Camera si chiuderà, a inizio settimana prossima, il capitolo della nuova prescrizione, in commissione Giustizia potrebbe iniziare la discussione, su pressing di Forza Italia, della proposta di legge di iniziativa dei deputati azzurri Pittalis, Mulè, Calderone e Patriarca che punta a modificare la normativa sulle misure di prevenzione. Come spiega al Dubbio proprio il vicepresidente della commissione Pietro Pittalis, «approvata in prima lettura la legge sull’estinzione dei reati, avremmo da dibattere su due temi molto importanti: la questione intercettazioni e quella della modifica del codice antimafia.
La proposta relativa a quest’ultima materia venne presentata già nella scorsa legislatura dall’attuale sottosegretaria di Forza Italia Matilde Siracusano, che aveva fatto propria la battaglia portata avanti dalla famiglia di Pietro Cavallotti. Da lì tutto è partito, ma adesso ricevo molte lettere di altri imprenditori nella stessa situazione». Il problema, ci spiega il parlamentare, è che bisognerà prima valutare i provvedimenti già in calendario, così come andrà messa in conto l’inevitabile fase di stallo del lavoro delle commissioni legata alla sessione di Bilancio.
Ma cosa prevede la proposta di FI sulle modifiche al codice antimafia? Il presupposto da cui si parte, leggiamo nella relazione illustrativa, è che “la peculiarità della disciplina delle misure di prevenzione, giustificata in chiave di politica criminale dalla necessità di strumenti straordinari per contrastare il crimine organizzato, ha compromesso in maniera significativa il sistema delle garanzie e delle tutele delle persone. Nella pratica giudiziaria sono sempre più frequenti e numerosi i casi in cui le misure di prevenzione vengono applicate nei confronti di soggetti che, per gli stessi fatti, vengono assolti in sede penale”.
I punti principali di riforma sono i seguenti: prevedere come presupposto per l’applicazione della misura di prevenzione non un mero sospetto ma la sussistenza di indizi gravi, precisi e concordanti, e non semplicemente generici; non estromettere l’imprenditore dall’azienda ma farlo affiancare da un esperto, così da risolvere anche i problemi della tutela dei terzi creditori e della continuità aziendale con la doverosa conservazione dei posti di lavoro e del patrimonio oggetto della misura; introdurre, per tutti i destinatari di misure di prevenzione comunque riconosciute illegittime, il diritto al risarcimento del danno, perché, osserva Pittalis, «se lo Stato ha sbagliato deve prendersene la responsabilità e risarcire chi viene spesso letteralmente rovinato da questa normativa. Pertanto ipotizziamo la creazione di un fondo per le vittime». Infatti, come si legge sempre nella relazione, “togliere a una persona tutto il patrimonio, finanche la casa familiare, significa privare il soggetto interessato e il suo nucleo familiare di ogni mezzo di sostentamento; significa travolgere il suo passato e distruggere il suo futuro”. «Proprio per questo – sottolinea Pittalis – è nostro interesse mettere questo provvedimento in agenda».
Ancora non ci sono state interlocuzioni con gli altri partiti del centrodestra, ma il vicepresidente della commissione Giustizia assicura: «Vorremmo sottoporre il testo, in via preliminare, alle altre forze di maggioranza e poi aprire anche ai contributi di tutte le opposizioni». Peraltro, anche la Lega aveva presentato una proposta di legge in materia, che si occupava in particolare della professionalità degli amministratori giudiziari. «Anche per questo credo sia utile – ribadisce Pittalis – un confronto con gli alleati, in modo da far convergere in un unico provvedimento tutte le esigenze, come avvenuto finora a partire dall’ergastolo ostativo».
Va anche considerato che, sulle misure di prevenzione antimafia, c’è un’incognita e non da poco: entro il 13 novembre il nostro governo dovrà rispondere ai quesiti posti dalla Cedu in seguito al ricorso, già giudicato ammissibile, proposto dalla prima generazione dei Cavallotti. In particolare, Vincenzo, Salvatore e Gaetano Cavallotti, assolti nel 2010 dall’accusa di 416 bis in Corte d’appello a Palermo, nel 2016 si videro infliggere dalla Cassazione, nell’ambito di un procedimento di prevenzione, la confisca definitiva dei loro beni, tra cui diverse società, di proprietà loro o di loro familiari.
La Cedu, tra l’altro, chiede al nostro Paese: “Nel caso di un’assoluzione in un processo penale, la confisca dei beni viola la presunzione di innocenza?”. Sarebbe paradossale se nella propria risposta il governo difendesse l’assetto attuale della normativa a fronte di una discussione parlamentare orientata in chiave garantista.
Comunque Pittalis tiene a dire che «questa nostra iniziativa non rappresenta affatto un indebolimento degli strumenti di lotta alla criminalità organizzata, ma vuol essere una forma di tutela delle vittime di una legislazione che costituisce una scorciatoia attraverso la quale si perseguono, con elusione dei principi garantistici propri della materia penale, intenti punitivi e afflittivi».