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L'uccisione di Aldo Moro
Il rapimento e l'uccisione di Aldo Moro fanno parte della storia a vario titolo. Dovrebbero però essere assunti come oggetto di studio anche da un altro punto di vista: la trasformazione di un evento tragico ma sostanzialmente limpido e facilmente spiegabile in un mistero. La torsione che porta la stragrande maggioranza delle persone a non credere in ciò che è squadernato di fronte ai loro occhi e a reputare invece credibili trame surreali, complicatissime, smentite da fatti e indagini, negate da chi su quel delitto ha lavorato seriamente: investigatori, magistrati, giudici.
La verità si può riassumere in poche righe. Un'organizzazione rivoluzionaria armata decise di rapire uno dei massimi dirigenti della Dc nella convinzione che le masse operaie, soprattutto quelle legate al Pci, avrebbero plaudito al colpo inflitto a quello che le Br immaginavano fosse 'il nemico di sempre': la Dc. Fu un gesto di propaganda armata rivolto alla base del Pci. Nulla nei documenti delle Br che precedono il sequestro autorizza a pensare che Moro fosse stato scelto per silurare un 'compromesso storico' che era comunque destinato a naufragare in tempi brevi. Come dimostrano i verbali delle direzioni Dc desecretati una ventina d'anni fa.
Il sequestro andò liscio non per una inesistente 'geometrica potenza' ma perché la scorta era del tutto impreparata. Seguiva ogni giorno lo stesso percorso. Era sostanzialmente disarmata. Fu colta alla sprovvista. Se diaboliche e potenti organizzazioni avessero orchestrato il rapimento avrebbero quanto meno fornito al commando armi moderne, al posto dei mitra tanti vetusti che tre su 4 si incepparono nel pieno della sparatoria.
Le Br erano certe che lo Stato avrebbe trattato e non si erano preparate piani b. Commisero alcuni errori clamorosi, il principale dei quali fu rendere pubblica la prima lettera di Moro, che avrebbe dovuto restare segreta perché altro modo di avviare una trattativa non c'era. Moro ne era consapevole. Le Br, nella loro rozzezza politica, no. A rendere impossibile una trattativa alla luce del sole fu la posizione del Pci che in caso di mercanteggiamento avrebbe provocato la caduta del governo ed elezioni anticipate che, in quel momento, sarebbero probabilmente state vinte proprio dal 'Partito della fermezza', cioè proprio dal Pci. La scelta di uccidere l'ostaggio fu provocata dal rifiuto di concedere alle Br quel che chiedevano, ispirati dalla stessa logica di 'propaganda armata': un riconoscimento politico che li legittimasse come forza comunista agli occhi di qulla stessa base del Pci che avevano sperato di conquistare con il clamoroso sequestro. Se l'intenzione fosse stata quella di eliminare l'uomo chiave dell'intesa Pci-Dc non si capisce bene perché l'omicidio non sia stato immediato e ancor meno si capisce la lunga (e molto per i rapitori molto pericolosa) dilazione decisa da Moretti dopo la 'condanna a morte'.
Questo hanno nella sostanza appurato tutti quelli che si sono occupati del principale delitto politico nella storia repubblicana inseguendo i fatti e non le fantasie. E tuttavia le fantasie in questioni, per quanto non credibili, illogiche, confuse e costruite sul nulla, hanno avuto facilmente la meglio nella fantasia popolare.
Del delitto Moro si sa quasi tutto e se qualcosa è in ombra sono particolari di secondaria importanza, eventualmente taciuti per non coinvolgere fiancheggiatori mai scoperti. Passerà alla storia come una vicenda della quale non si sa quasi niente. Un capovolgimento della realtà totale e sconcertante perché in realtà del tutto ingiustificato.
I volumi sui misteri del caso Moro riempirebbero una corposa libreria e si moltiplicano col passare del tempo. Confutarli uno per uno è in realtà impossibile senza avere a disposizione un trattato enciclopedico. Fatica di Sisifo, oltretutto: ogni volta che un presunto 'mistero' viene chiarito o che l'impianto di una fantasticata trama viene smantellato spuntano nuovi elementi, persino più fantasiosi ma tali comunque da far ripartire la giostra.
Conviene pertanto chiedersi giustifichi l'universale fede in un complotto che non è solo indimostrato ma che è smentito da tutti i dati a disposizione, e non è che siano pochi. All'inizio c'era certamente una strategia politica: la dimostrazione che se il Pci non era mai arrivato al governo e anzi aveva subito negli anni '80 devastanti sconfitte la colpa era dei burattinai che avevano impedito la sua luminosa marcia verso il successo. La destra ha provato a rispondere, sciaguratamente e con anni di ritardo, sullo stesso terreno, inventando complotti di segno opposto.
Ma questi interessi politici spiegano poco oggi, anche se vantano il notevole demerito di aver avviato la sarabanda. Di certo la follia complottista addensata sul caso Moro più che su qualsiasi altro 'mistero' è fortemente agevolata dalla tendenza italiana a diffidare sempre e comunque della verità ufficiale.
Una sorta di mentalità opposta al rasoio di Occam ma universalmente diffusa che si ritiene astuta perché sospettosa sempre e a priori, convinta anzi che le cose non stiano mai come sembra: 'Non crederete davvero che gli Usa siano arrivati sulla luna?', 'Come si può immaginare che gli americani non fossero al corrente dell'11 settembre o gli israeliani del 7 ottobre?' e via fantasticando. Si aggiunge probabilmente un elemento inconfessabile e tuttavia presente: per molti è impossibile accettare l'idea che uno degli uomini più potenti d'Italia sia stata sequestrato e ucciso, incidendo a fondo sulla realtà italiana di quell'epoca, da un'organizzazione comunista stracciona, composta essenzialmente da operai. Deve per forza esserci qualcosa di molto più potente e strutturato dietro.
In parte, forse, la favola dei grandi pupari ha anche una funzione di autoassoluzione, o la ha avuta a suo tempo. Lo Stato non trattò, o meglio trattò ma solo nei limiti concessi dal Pci, cioè permettendo un'offerta di molti soldi da parte del Vaticano con la copertura di Andreotti ma nulla di politico, per evitare una crisi di governo ed elezioni anticipate in una fase delicatissima.
Se il sequestro Moro venisse correttamente inquadrato nella cornice storica dell'epoca, dunque nella fase difficilissima seguita alle elezioni senza vincitori del 1976 invece che in un favoleggiato armonioso abbraccio tra Dc e Pci, quella scelta apparirebbe logica. Ma, anni e decenni dopo quel momento cruciale per la storia della repubblica decisione di sacrificare Moro per evitare una crisi di governo sarebbe apparsa sproporzionata. Inconfessabile.
Ciascuno di questi elementi ha concorso alla creazione della leggenda del complotto contro Moro. Negli ultimi 15 anni se ne è aggiunta un'altra: l'interpretazione dell'intera storia italiana, dalle bombe nere alle stragi mafiose, da piazza Fontana a Moro, da Bologna a Capaci e via D'Amelia come un'unica diabolica trama orchestrata da figure oscure a loro volte manovrate da un Licio Gelli al cui confronto Lucifero è un dilettante. E in questo racconto fuorviante, ispirato spesso da un antifascismo malinteso, l'uccisione di Aldo Moro non può che occupare la postazione più centrale.