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La nomina è avvenuta il 17 luglio scorso. Ma la poltrona di procuratore della Repubblica di Catania è, a oggi, vuota. Una vicenda contorta, che si intreccia con la cacciata da Palazzo Bachelet della laica Rosanna Natoli, almeno secondo l’interpretazione che della questione ha dato Repubblica, raccontando della lettera inviata da Francesco Curcio - il neo nominato procuratore - al presidente della V Commissione, Ernesto Carbone, e per conoscenza al Presidente della Repubblica e al procuratore generale di Catania.
Nella sua missiva Curcio, attualmente ancora alla guida della procura di Potenza, spiega come la sua richiesta di anticipato possesso, inoltrata dal procuratore facente funzione al ministero della Giustizia, sia rimasta, ad oggi, inevasa. Da qui il sollecito del procuratore alla Direzione generale magistrati del ministero, a cui ha chiesto, sia il primo sia il 15 ottobre, informazioni in merito alla pubblicazione della sua nomina sul bollettino di via Arenula.
Dal ministero era arrivata la rassicurazione che tutto sarebbe stato fatto con la pubblicazione del 31 ottobre. Sul bollettino di ieri, però, il nome di Curcio non c’era. Ciò, ha sottolineato il magistrato nella lettera, nonostante nomine successive alla sua siano state già pubblicate. Secondo Curcio, «la mancata pubblicazione, e anzi la sua ulteriore procrastinazione poteva apparire strumentalmente collegata ai ricorsi proposti (anche in sede cautelare) dagli altri candidati al posto di procuratore di Catania - ovvero quelli di Sebastiano Ardita, Ignazio Fonzo e Francesco Puleio, ndr -, ricorsi in relazione ai quali è stata fissata udienza il 6.11.2024, la cui celebrazione è già stata resa notoria dai mezzi d’informazione».
Secondo l’interpretazione di Repubblica, dunque, il nodo della questione starebbe tutto qui, perché anche Natoli, poco prima di essere sospesa, aveva chiesto di annullare in autotutela la nomina di Curcio. Secondo la sua istanza, infatti, la laica di Paternò sarebbe stata vittima di un tentativo di estrometterla dal voto su quella nomina. Una «pressione» esercitata dopo la rivelazione del suo incontro privato con la giudice Maria Fascetta Sivillo, sotto procedimento disciplinare proprio, tra gli altri, davanti a Natoli, incontro che le è valso la sospensione. Dato il silenzio del Csm, Natoli, il 15 ottobre scorso, ha depositato una diffida, chiedendo una risposta immediata al Comitato di presidenza. Palazzo Bachelet, però, rimane per ora in silenzio. E se alla scadenza dei 30 giorni concessi da Natoli non ci sarà una risposta, spiega al Dubbio l’avvocato Vittorio Lo Presti, «procederemo con denuncia per omissioni di atti d’ufficio nei confronti del Comitato di presidenza».
Il tutto mentre è in fase di deposito il ricorso al Tar contro la sospensione. Il clima è dunque infuocato. Anche perché il fascicolo d’indagine che riguarda Natoli indagata per rivelazione di segreto - è ora a Catania, dove i pm di Roma hanno dovuto inviare gli atti dopo l’abolizione dell’abuso d’ufficio, accusa che radicava la competenza nella Capitale. Per Repubblica ciò rappresenterebbe un’ulteriore prova del peso di Natoli nei ritardi sul trasferimento di Curcio. Anche se la questione potrebbe essere ancora più complessa: dato il coinvolgimento nella vicenda della toga catanese Fascetto Sivillo, il fascicolo potrebbe doversi spostare ancora, per finire a Messina.
Nella sua richiesta di revoca in autotutela Natoli aveva accusato i colleghi del Csm di averla «terrorizzata, forzata e violentata psichicamente», costringendola a non votare per la nomina del procuratore di Catania, di fatto cambiando, a suo dire, le sorti di quella decisione. Il giorno successivo allo scandalo Fascetto Sivillo, infatti, Natoli avrebbe dovuto prendere parte al plenum nel quale si è decisa la nomina di Curcio.
La laica avrebbe votato per Puleio ( che è procuratore aggiunto di Catania), il cui curriculum, a suo dire, sarebbe risultato più completo. Ma complice la sua assenza e la non prevista assenza di un altro consigliere, Curcio ha vinto per un voto. Natoli ha però denunciato pressioni da parte delle toghe progressiste per tenerla lontana dall’aula, sempre negate dagli altri consiglieri. Per tale motivo, la consigliera sarebbe stata «“costretta” a non votare con conseguente approvazione della proposta di nomina del dottor Curcio, quale procuratore di Catania».