Nuovo schiaffo della giustizia amministrativa al Consiglio superiore della magistratura. Il Consiglio di Stato, con sentenza numero 8626 del 29 ottobre 2024 - di cui le motivazioni non sono ancora note -, ha rigettato gli appelli promossi da Alfredo Pompeo Viola e dal Csm contro la pronuncia del Tar di marzo scorso, che aveva annullato la nomina di Viola a procuratore generale aggiunto della Corte di Cassazione, decisa dal plenum il 20 settembre 2023.

Il Tar aveva dato ragione a Nicola Lettieri, sostituto procuratore generale in Cassazione, rappresentato dall’avvocato Sergio Mirra, e Giulio Romano, magistrato dell’ufficio del Massimario e del ruolo a piazza Cavour, evidenziando come il Csm abbia scelto «un magistrato non legittimato al posto», in quanto, al momento della presentazione della domanda ricopriva l’incarico di Segretario generale di Palazzo dei Marescialli, violando così l’articolo 41 della legge 195 del 1958.

Succo dei ricorsi che avevano portato all’annullamento proprio la violazione di tale norma, in base alla quale «i magistrati addetti alla segreteria del Consiglio superiore non possono partecipare ai concorsi o agli scrutini, salvo che abbiano cessato di far parte della segreteria almeno un anno prima della scadenza del termine stabilito per presentare la domanda di partecipazione al concorso o allo scrutinio, ovvero che il Consiglio, della cui segreteria facevano parte, sia cessato prima della scadenza anzidetta». Un divieto che risponde all’esigenza di evitare che tra chi deve esaminare e giudicare e colui che è sottoposto ad esame o giudizio ci siano «vincoli che possano turbare la serenità della decisione».

Per Viola - e per il Csm - tale norma sarebbe stata abrogata da norme successive, in particolare dalle leggi 570 del 1966 e 831 del 1973, che avevano fatto venire meno la progressione in carriera per concorsi ed esami, così come le riforme Castelli-Mastella, che avrebbero sostituito il sistema di progressione di carriera per concorsi e scrutini con il nuovo sistema di valutazione di professionalità, basato su sette valutazioni quadriennali. Un’implicita abrogazione, dunque, alla quale il Csm si sarebbe adeguato. Secondo il Tar del Lazio - e ora anche per Palazzo Spada -, però, l’articolo 41 della legge 195/ 1958 «non è stato abrogato in modo espresso dalle varie disposizioni normative che, nel corso del tempo, hanno modificato e integrato» tale norma, motivo per cui «è ancora – formalmente – parte integrante dell’ordinamento vigente».

E a nulla vale la modifica del sistema di progressione di carriera: l’articolo 41 - scrivevano infatti i giudici amministrativi - si riferisce genericamente ai “concorsi”, senza fare alcun rinvio espresso alle specifiche procedure disciplinate dall’articolo 131 del testo originario del r. d. numero 12 del 1941. «Il fine perseguito dall’articolo 41 in esame - si legge nella sentenza del Tar - è chiaramente quello di evitare che tra coloro che partecipano ad una selezione concorsuale e coloro che sono tenuti ad esaminarli vi possano essere delle interrelazioni che siano, anche solo astrattamente, idonee a minare la terzietà e l’imparzialità di questi ultimi.

Si consideri, a titolo di esempio - proseguiva la pronuncia -, che proprio nel caso di specie, il dottor Viola, nella sua qualità di segretario generale del Csm, ha sottoscritto l’atto di interpello della procedura di cui è causa, che lo ha visto poi prevalere nella comparazione rispetto agli altri candidati». La riforma del 2022, aggiungevano i giudici, non ha eliminato l’articolo 41, prevedendo per i componenti togati del Csm, «il divieto di partecipazione ai concorsi per il conferimento di incarichi direttivi o semidirettivi prima di quattro anni dal giorno in cui hanno cessato di far parte del Csm (salvo il caso in cui l’incarico direttivo o semidirettivo sia stato ricoperto in precedenza)» . Per l’avvocato Mirra, «è principio generale che tra chi deve esaminare e giudicare e colui che è sottoposto ad esame o giudizio non devono intercorrere vincoli che possono turbare la serenità della decisione. Banalmente, in nessun concorso pubblico sarebbe mai stata consentita la partecipazione ad un componente organico, membro fiduciario della struttura della commissione esaminatrice.

Stupisce - ha concluso - la posizione assunta dal Csm, che ha lasciato che il dottor Viola continuasse a svolgere l’incarico assunto anche dopo la pronuncia del giudice amministrativo, ed anzi ha aderito all’appello promosso dal dottor Viola e, soprattutto, anche dopo la sentenza del Consiglio di Stato, sta consentendo che continui a svolgere normalmente le proprie attività nel ruolo illegittimamente ricoperto, invece di dare immediata ottemperanza al giudicato, scegliendo tra gli altri partecipanti legittimati a concorrere, già valutati come idonei in sede concorsuale, il nuovo procuratore generale aggiunto».