La Corte di Cassazione apre alla difesa: anche i file di log generati dai trojan impiegati nelle intercettazioni telematiche devono essere messi a disposizione degli avvocati. Lo ha stabilito la Terza sezione penale della Suprema Corte, accogliendo un ricorso presentato dall’avvocato Salvatore Staiano, penalista calabrese, che aveva sollevato il tema in un procedimento con intercettazioni tramite captatori informatici.

Nel dettaglio, la sentenza afferma che «in caso di intercettazione tramite captatore informatico, oltre ai nastri registrati, devono essere rilasciati anche i supporti informatici contenenti i file di log». Si tratta di registri digitali che tracciano ogni attività dei trojan: orari di attivazione e spegnimento, utenti che attivano la registrazione, e i percorsi seguiti dai dati audio sui server pubblici e privati.

Secondo l’avvocato Staiano, questa pronuncia non mette in discussione la legittimità delle indagini, ma rafforza il diritto alla piena difesa: «Se la legge prevede presupposti per la validità delle intercettazioni, la difesa deve poterli verificare. E per farlo serve anche il file di log».

Finora molte procure italiane hanno escluso i log dall’accesso, considerandoli strumenti meramente tecnici, ma la Cassazione chiarisce che la loro mancata consegna può inficiare l’utilizzabilità delle captazioni. La decisione richiama anche precedenti delle Sezioni Unite civili (2021) e della Sesta sezione penale (2023).

Conseguenze potenzialmente estese

Gli effetti della sentenza potrebbero essere rilevanti per numerosi procedimenti in corso, in particolare quelli condotti dalla Dda di Catanzaro, come Rinascita Scott, Petrolmafie, Imponimento e Maestrale-Carthago, dove i trojan informatici sono stati utilizzati in modo sistematico.