Il neo eletto Csm sceglie di non chiedere i danni a Luca Palamara, a processo a Perugia per corruzione. La proposta del comitato di presidenza – del quale fanno parte il vicepresidente Fabio Pinelli, il primo presidente della Cassazione Pietro Curzio e il procuratore generale Luigi Salvato – verrà votata mercoledì prossimo. Ma la delibera si preannuncia già foriera di polemiche, data la politica di trasparenza e di rottura con il passato annunciata dal vicepresidente.

La scelta è chiarita in poche righe, nelle quali il comitato di presidenza sottolinea che secondo la prospettazione dell’accusa non è possibile affermare che Palamara abbia interferito con l’attività del Csm. E ciò nonostante per stessa ammissione dell’ex consigliere fosse in atto un vero e proprio mercato delle nomine, gestito dalle correnti.

«Il Consiglio superiore della magistratura - si legge nella proposta di delibera -, preso atto della nota dell'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Perugia pervenuta il 10 gennaio 2023, con cui è stato trasmesso l'avviso di fissazione di udienza preliminare relativa al procedimento penale 3419/20 pendente avanti l'Ufficio gip del Tribunale di Perugia a carico di Luca Palamara per i delitti di cui agli artt. 318, 319 ter e 321 c.p.; rilevato che nella connessa richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero presso il tribunale di Perugia il Consiglio superiore della magistratura nel procedimento n. 1410/20 R.G. è indicata quale persona offesa dei reati per cui si procede; rilevato che è contestata all'indagato la messa a disposizione delle proprie funzioni - anche di componente dell'organo di governo autonomo della magistratura - in favore di persone estranee in cambio di utilità; rilevato che, tuttavia, non emerge dalla contestazione una ipotesi di illecita utilizzazione di specifici poteri e funzioni consiliari, non potendosi così affermare, secondo la prospettazione d'accusa, che il dottor Palamara nella fattispecie abbia interferito sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura sviandone l'esercizio dei poteri ed orientandone gli atti al perseguimento di fini illeciti; ritenuto in conseguenza - anche sotto il profilo della configurabilità del danno - di non ravvisare i presupposti per la costituzione in giudizio, il Consiglio delibera di non costituirsi nel giudizio, come parte civile».

Una sorta di gioco dell’oca, considerato che a novembre 2021 era stato proprio il vecchio Csm, devastato dagli scandali del caso Palamara, a chiedere di costituirsi parte civile, a fianco dell’Associazione nazionale magistrati, della quale l’ex magistrato romano era stato presidente. Decisione che aveva suscitato reazioni amareggiato proprio da parte dello stesso Palamara. «Per la prima volta in assoluto tanto l’Anm quanto il Csm hanno deciso di costituirsi parte civile nei confronti di un magistrato a differenza di quello che è accaduto e che accade nei procedimenti che riguardano altre toghe - aveva dichiarato l’ex zar delle nomine -. Nessun interesse pare avere l’Anm per le vicende, ad esempio, che riguardano i magistrati implicati nel caso dei verbali milanesi. Per quanto mi riguarda, il dibattimento sarà il luogo per chiarire pubblicamente i fatti e ancor di più visto che sono state ammesse le riprese audio- video: sarà il modo per spiegare all’opinione pubblica e a tanti magistrati come sono andate effettivamente le cose».

Il vecchio Csm aveva discusso la questione il 13 ottobre del 2021, approvando la costituzione di parte civile con nove voti favorevoli (Ardita, Balduini, Basile, Braggion, Cavanna, D’Amato, Di Matteo, Lanzi, Miccichè), otto voti contrari (Cascini, Celentano, Cerabona, Chinaglia, Dal Moro, Pepe, Suriano, Zaccaro) e otto astensioni (Benedetti, Ciambellini, Curzio, Donati, Gigliotti, Grillo, Marra, Salvi). Fu il consigliere Nino Di Matteo ad evidenziare come - stando all’ipotesi dell’accusa - si fosse consentito al faccendiere Fabrizio Centofanti di influenzare più scelte importanti del Consiglio superiore della magistratura, permettendogli così di accrescere il suo ruolo e prestigio di lobbista. «A fronte di una contestazione così grave, in cui si ipotizza una situazione di grave inquinamento istituzionale dell'attività del Consiglio superiore della magistratura - aveva sottolineato -, ritengo pertanto doverosa la costituzione in giudizio del Csm e auspico che la partecipazione come parte civile al processo, al di là degli aspetti più immediati e formali, legati al danno della immagine, si caratterizzi per una reale volontà di fornire e di stimolare in quella sede processuale un contributo di chiarezza e approfondimento dei contesti nei quali si collocano anche le condotte contestate al dottor Palamara. Ritengo che sia dovere del Consiglio superiore della magistratura costituirsi parte civile per tutelare l'istituzione anche attraverso il contributo all'accertamento della rispondenza alla verità o meno dei gravi fatti contestati. Infine, ritengo che sia stato molto utile aspettare la cristallizzazione della contestazione della Procura di Perugia e leggere i capi di imputazione per capire che il Consiglio deve tutelare non soltanto un diritto all'immagine ma il suo stesso funzionamento, secondo le regole che la Costituzione e le leggi prevedono».