Scontro indiretto e a distanza tra magistrati e carabinieri sulla nuova inchiesta a carico del generale Mario Mori, indagato dalla Procura di Firenze per i reati di strage, associazione mafiosa e associazione con finalità di terrorismo internazionale ed eversione dell’ordine democratico. Secondo i pm fiorentini, pur avendo notizia delle intenzioni stragiste di Cosa nostra, nel 1993 il militare si sarebbe girato dall'altra parte non facendo nulla per sventare i piani di morte dei mafiosi.

La giunta esecutiva della sezione toscana dell’Anm ha auspicato che la vicenda «possa trovare soluzione esclusivamente in ambito processuale e nell'assoluto rispetto delle prerogative e dei diritti delle parti». L'Anm, con un comunicato, ha espresso «piena solidarietà e vicinanza ai magistrati della Procura di Firenze» dopo aver letto le dichiarazioni rilasciate da Mori «e da autorevoli esponenti del governo e della maggioranza parlamentare nonché i commenti di alcuni organi di informazione».

Il riferimento è molto probabilmente alle parole del sottosegretario di Stato Alfredo Mantovano che ha incontrato l’ex comandante dei Ros e gli ha manifestato «sconcerto, nonostante che decenni di giudizi abbiano già dimostrato l’assoluta infondatezza di certe accuse»; a quelle del Ministro della difesa Guido Crosetto per cui «c’è la voglia di distruggere un servitore dello Stato che ha sfidato il potere di alcuni»; a quelle dell’onorevole di Forza Italia, Rita Dalla Chiesa, che su X ha scritto: «Coraggio, Generale Mori. Questo scempio da parte della Procura di Firenze finirà presto»; a quelle dello stesso generale che, in una lettera aperta, si è detto «profondamente disgustato da tali accuse che offendono, prima ancora della mia persona, i magistrati seri con cui ho proficuamente lavorato nel corso della mia carriera nel contrasto al terrorismo e alla mafia, su tutti Giovanni Falcone e Paolo Borsellino».

Per il sindacato delle toghe se «lo sconcerto e l'insofferenza del Generale sono umanamente comprensibili», al contrario «le altre dichiarazioni e i commenti come già denunciato al recente congresso Anm di Palermo in relazione ad analoghi interventi riguardanti l'attività di magistrati del Distretto di Firenze, appaiono non tanto esercizio del diritto di critica, senz'altro legittimo, ma dettati da fine denigratorio dell'attività dell'Autorità Giudiziaria, il cui agire sarebbe addirittura connotato da intenzioni persecutorie».

Pertanto i magistrati associati, correndo in difesa dei loro colleghi Spiezia, Tescaroli, Turco, Gestri, hanno espresso «la più netta contrarietà a che, come reiteratamente avvenuto in passato, vicende in corso di accertamento nelle sedi competenti siano oggetto di dichiarazioni pubbliche contro singoli magistrati - i quali, in rispettoso silenzio, si occupano anche del procedimento in questione nell'esclusivo adempimento dei propri doveri di ufficio - chiaramente finalizzate a pregiudicare il prestigio della magistratura nel suo complesso, così contravvenendo a basilari principi di civiltà democratica».

A stigmatizzare fortemente il comunicato dell’Anm è stato il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri: «è vergognosa la persecuzione nei confronti del generale Mori, convocato dai magistrati il 23 maggio, data poi evitata, in contemporanea con gli eventi commemorativi della strage di Capaci. È incredibile che l'Anm si metta a difendere un'autentica ed ingiusta ostinazione, contro la memoria di Berlusconi e contro il generale Mori. A Mori va il plauso degli italiani in qualità di eroe della legalità».

Sempre a favore di Mori, proprio qualche giorno fa persino il Comando generale dei carabinieri aveva diramato una nota in cui si leggeva: «Nel pieno rispetto del lavoro dell'autorità giudiziaria, l'Arma esprime la sua vicinanza nei confronti di un ufficiale che, con il suo servizio, ha reso lustro all'istituzione in Italia e all'estero, confidando che anche in questa circostanza riuscirà a dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati».

Per la cronaca la Cassazione ha già assolto l’ex generale dei Ros Mario Mori - insieme ad Antonio Subranni, Giuseppe De Donno e all'ex parlamentare Marcello Dell'Utri - nel processo per la presunta trattativa Stato-mafia. Una vicenda processuale durata vent’anni sulla quale, evidentemente, non si vuol mettere la parola fine.