Se non puoi fare uno scoop inventalo, diceva un vecchio direttore di giornale. Una frase che calza a pennello nella vicenda di Claudio Foti, lo psicoterapeuta del processo “Angeli&Demoni”, dove non basta essere assolti da un collegio di giudici per far terminare il processo, che continua sui giornali, negli studi televisivi, in questo caso più che mai a colpi di fake news. E a descrivere perfettamente il clima è una frase dell'ex deputato Italo Bocchino, che inventa una nuova categoria penale: «Resta intatta la responsabilità morale di Foti».

Sono decine, centinaia, le notizie inventate o manipolate in questa storia, a partire dai famigerati video delle sedute di psicoterapia, che tutti dicono di aver visto, ma che tutti raccontano riportando frasi mai pronunciate, legittimando il dubbio che nessuno ci abbia mai davvero buttato un occhio. Il Dubbio, nelle scorse settimane, ha visionato e raccontato quelle sedute, che si possono riassumere in modo sintetico così: la ragazza in psicoterapia, su ordine del Tribunale dei minori, presso Foti, aveva raccontato gli abusi subiti a madre, zia e assistenti sociali prima di confermare tutto davanti allo psicoterapeuta, al quale dichiara sin da subito l’odio nei confronti del padre (decaduto dalla responsabilità genitoriale per fatti che mai hanno riguardato Foti), rispetto al quale il professionista non esprime mai alcun giudizio. E seduta dopo seduta, la giovane dice di sentirsi meglio, fino ad affermare che non ha più voglia di morire.

Il resto - altra notizia volutamente ignorata - è storia: i carabinieri, come rivelato dall’avvocato Luca Bauccio in aula senza alcuna smentita da parte della pm, riferiscono a madre e figlia dell’esistenza di una relazione nella quale Foti attribuirebbe le violenze subite dalla ragazza al padre. Ma questa relazione, semplicemente, non è mai esistita. Nessuno lo ha mai detto, men che meno Claudio Foti. Ma procediamo con ordine: quali sono le fake news di questa storia? Riassumerle tutte, forse, è impossibile: la macchina del fango procede impazzita da ormai quattro anni. Ma ecco le più importanti, le più resistenti, verificate una per una.


1) Foti non ha i titoli per fare lo psicoterapeuta
Falso: così come lui, tantissimi psicologi e psicoterapeuti sono stati abilitati all’esercizio della professione a seguito della legge di istituzione dell’ordine. Non senza i titoli, ovviamente: la legge, infatti, prevede che possano iscriversi all’albo anche i laureati entro l'ultima sessione dell'anno accademico 1992-1993, previa specifica formazione professionale in psicoterapia - documentata - nonché preminenza e continuità dell'esercizio della professione psicoterapeutica. Nel caso di Foti, oltre alla laurea in Lettere, il curriculum certifica, tra le altre cose, il tirocinio presso il servizio di Neuropsichiatria infantile dell'Ospedale Maggiore della Carità di Novara; la frequentazione di una Scuola di Psicoterapia Psicoanalitica e corsi e seminari di formazione di ogni genere. Foti, come centinaia di suoi colleghi formatisi negli stessi anni, è autorizzato allo svolgimento della terapia e qualificato.


2) La tecnica Emdr è “discussa” o è una “macchinetta dei ricordi”
Falso: il trattamento si basa sulla stimolazione sensoriale bilaterale e a livello scientifico la sua efficacia è stata dimostrata direttamente da oltre 30 anni di studi, con fotografie del cervello, prima e dopo la terapia, che certificano un significativo miglioramento dei sintomi di sindrome post-traumatica da stress e un parallelo incremento dei volumi ippocampali. Nel caso contestato a Foti c’è stata una sola seduta con Emdr, senza alcun utilizzo di macchinari.


3) Isabel Fernandez, principale esperta di Emdr, ha contestato "in aula" la seduta con tale tecnica
Falso: a Fernandez non è stato sottoposto il video della seduta, ma sono stati letti alcuni stralci, non il resoconto dell’intero incontro. Nemmeno si sa dal verbale cosa sia stato letto a Fernandez. A seguito del polverone mediatico suscitato da tale testimonianza, l’esperta ha ribadito la fiducia in Foti tramite una lettera. In ogni caso, decine di esperti hanno certificato lo svolgimento corretto delle sedute, mentre le consulenti della pubblica accusa hanno ammesso di non avere conoscenze in materia.


4) Foti è coinvolto nell'inchiesta sui Diavoli della Bassa
Falso: né Claudio Foti né gli altri imputati del processo Angeli&Demoni hanno a che fare con tale vicenda, peraltro accertata giudiziariamente da tre sentenze e un tentativo di revisione rigettato recentemente dalla Cassazione. Storia in merito alla quale 14 vittime su 16 non hanno mai cambiato versione, contro le due che hanno contribuito alla realizzazione del podcast “Veleno”. Ed è proprio su uno dei casi di “Veleno” che si sono pronunciati la Corte d’Appello di Ancona e la Cassazione, ribadendo l'inossidabilità delle prove e l’inconsistenza delle circostanze testimoniate dall’inchiesta giornalistica.


5) Foti sostiene che esiste un numero molto alto di abusi in famiglia
Falso: a dire che l’abuso è un fenomeno frequente e sommerso è l’Oms, che ne certifica la prevalenza tra le mura domestiche, mentre l’Onu denuncia il vuoto di tutele in Italia, dove, oltretutto, il numero di allontanamenti di minori dalle famiglie è molto al di sotto della media europea (2,8 per mille, a fronte del 10,5 della Germania, del 10,4 della Francia e del 6,1 del Regno Unito). Foti ha solo ripetuto questi dati in alcuni dibattiti pubblici. Nei suoi libri e nei suoi corsi - ma anche nella terapia con la sua paziente a Bibbiano - ha inoltre sempre valorizzato il ruolo insostituibile della famiglia.


6) Le linee guida del Cismai sarebbero in discussione e quelle più accreditate sono descritte nella Carta di Noto
Falso: il Coordinamento Cismai fa parte, dal 2017, dell’elenco delle società scientifiche e delle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni sanitarie riconosciute dal ministero della Salute. La Carta di Noto, invece, secondo numerose sentenze della Cassazione, «sviluppa protocolli orientativi e non vincolanti non avendo alcun valore rigorosamente scientifico». Inoltre, tra i firmatari della Carta si ritrovano alcuni tra i più accaniti sostenitori della sindrome di alienazione parentale, già certificata come bufala, come Richard Alan Gardner, sostenitore della pedofilia come normalità ed espulso dalla Columbia University di New York proprio per le sue tesi.


7) Foti è responsabile di false accuse contro presunti pedofili in famiglia poi assolti
Falso: Foti ha svolto in diversi processi il ruolo di consulente dell’accusa o delle parti civili. In nessuno di essi è stato perito, figura ben più determinante nella formazione della prova. Il suo intervento si registra comunque sempre dopo la formulazione delle accuse da parte delle procure coinvolte, che potevano contare, in diversi casi, anche sulle denunce di uno o entrambi i genitori. I processi in cui le diagnosi di Foti non sono state ritenute sufficienti alla condanna probabilmente non superano nemmeno i sei casi, numero incommensurabilmente minore rispetto a quelli in cui, invece, si sono rivelate fondate. Nelle critiche per le false accuse mosse agli imputati non viene mai puntato il dito contro gli accusatori reali, ovvero pm (in forza del loro ruolo istituzionale) e denuncianti, ma solo contro Foti.


8) Foti sarebbe responsabile del suicidio di un’intera famiglia di Biella, accusata di aver abusato di figlio e nipote
Falso: Claudio Foti fu chiamato come consulente a distanza di molti mesi dalle denunce, quando già l’attività investigativa era in fase inoltrata. Ancora oggi, il figlio – ora adulto – conferma le sue accuse contro i familiari e smentisce le ricostruzioni romanzate sul punto. Nessuno, all’epoca, sognò di mettere al bando Paolo Crepet, secondo cui quel suicidio - senz’altro tragico - era un’ammissione di colpa. Oggi, senza alcuna sentenza che certifichi come siano andati i fatti, diventa però prova di innocenza per coloro che scelsero di suicidarsi.


9) Foti ha creato e applicato un suo metodo
Falso: Foti ha studiato e applicato metodi riconosciuti dagli studi scientifici, senza mai creare nuovi tipi di terapie. L’ascolto può essere solo empatico: senza empatia non c’è ascolto per definizione in una psicoterapia. Per scoprirlo sarebbe bastato guardare le sedute (osservate peraltro in quel momento da ben sette psicologi dell’Asl di Reggio Emilia, che si trovavano dietro il vetro unidirezionale della stanza utilizzata: tali sedute erano parte di un percorso di formazione che l’Azienda sanitaria aveva assegnato come incarico a Foti).


10) Foti c’entrava con gli affidi e dopo l’inchiesta i bambini sono tornati a casa
Falso: non ha gestito nemmeno un caso di affido segnalato nel processo “Angeli&Demoni” e mai nulla sul punto è stato contestato dalla procura. Inoltre, i bambini (otto) sono rientrati a casa ben prima dell’inchiesta: alcuni, peraltro, non sono mai stati allontanati dalla madre. I casi oggetto del processo rappresentano una percentuale molto bassa rispetto agli affidi in val d’Enza: è numericamente e logicamente impossibile parlare di “sistema”.


11) L'accusa non crolla e tutto resta com'era
Falso: i reati sono stati contestati in concorso. I fatti contestati vedono Foti descritto come il deus ex machina: se è innocente lui, vi sono fondati motivi per arrivare a sostenere la infondatezza delle accuse mosse contro gli altri coimputati, ma giustamente sarà solo il processo in corso a stabilirlo.


12) Secondo il procuratore di Reggio Emilia, Gaetano Paci, «ci sono milioni di conversazioni» che proverebbero la responsabilità degli imputati
Falso: le conversazioni, nell’ordine di qualche migliaio, sono state allegate dalla difesa Foti a dimostrazione dell'abnegazione degli operatori e dell'assenza assoluta di dolo. Al centro di esse, è emerso, ci sono il benessere della minore, le sue condizioni di salute e la volontà degli operatori di arrivare alla guarigione. Da alcune di esse poi si è appreso come una ragazza fosse stata picchiata da un parente senza che la madre, presente ai fatti, la soccorresse per impedire le percosse. Nessuna contestazione è stata mossa, sia pure sotto un profilo morale, nei confronti di quella madre.


13) Il giudice ai sensi dell’articolo 530 comma 2 ha usato la "facoltà" di assolvere e l’assoluzione non sarebbe piena
Falso: il giudice, ricorrendone i presupposti, non ha la facoltà ma il dovere di assolvere. L’assoluzione ai sensi dell’articolo 530 comma 2 è sempre piena. La formula perché il fatto non è stato commesso e perché il fatto non sussiste non lasciano ombre sull’innocenza dell’imputato.


14) Chi accusa la macchina mediatico-giudiziaria non conosce le carte
Falso: chi formula questa accusa non ha partecipato ad una sola udienza del primo e del secondo grado, non è un giudice, non è un tecnico e non riconosce valore al dispositivo di assoluzione. Tanto meno si è occupato della lettura e dello studio delle centinaia di migliaia di pagine del fascicolo e degli 8 terabyte di materiali presenti negli oltre 30 cellulari e computer oggetto di sequestro probatorio.

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