Filippo Turetta, condannato all’ergastolo il 3 dicembre dello scorso anno dalla Corte di Assise di Venezia per il sequestro e l’omicidio di Giulia Cecchettin, ha deciso di rinunciare ai motivi d’impugnazione già depositati dai suoi legali per l’appello in cui era contestata la premeditazione del delitto.

A comunicare la decisione è stato lo stesso Turetta con una lettera indirizzata al Tribunale e alla Corte d’Appello di Venezia, in cui dice di avere un pentimento sincero, e che la sua scelta non è strumentale a sconti di pena. Resta invece in piedi il ricorso in appello presentato dalla procura di Venezia, che contesta la mancata applicazione dell'aggravante della crudeltà. L'udienza è fissata per il 14 novembre prossimo.

Grandi polemiche aveva suscitato proprio la decisione di escludere l’aggravante della crudeltà e dello stalking: secondo i giudici, infatti, non è possibile «desumere con certezza, e al di là di ogni ragionevole dubbio», che le 75 coltellate sferrate da Filippo Turetta siano state «frutto di crudeltà», quanto, piuttosto, di «inesperienza». La Corte d’Assise ha riconosciuto l’atteggiamento ossessivo e persecutorio di Turetta, negando, però, l’aggravante dello stalking. Ciò non perché il suo atteggiamento non fosse assimilabile alla persecuzione, ma perché Giulia Cecchettin, certamente «vittima delle condotte oggettivamente moleste, prepotenti e vessatorie del Turetta», affermano i giudici, «non aveva paura di lui: ed è proprio per questo motivo che era stata proprio lei a dare appuntamento all’ex fidanzato, proponendogli di accompagnarla a fare acquisti in vista della laurea», giornata che però si è conclusa con il suo omicidio.