«Ciò che io non accetto, per gli effetti devastanti che riverbera, è la generalizzazione. Non si può dire che l’intero sistema dei servizi sociali sia criminale. Non vi rendete conto di cosa passa sotto i nostri occhi e ci sono persone che hanno subito di tutto e che hanno timore a rivolgersi ad un servizio sociale se viene etichettato come criminale. Se esiste un sistema Bibbiano lo dirà l’autorità giudiziaria penale».

Sono le parole del presidente del Tribunale dei minori di Bologna, Giuseppe Spadaro, audito ieri dalla Commissione speciale d’inchiesta sistema di tutela dei minori della Regione Emilia, a fare chiarezza sui numeri reali del cosiddetto “Sistema Bibbiano”. O meglio sulla “Anomalia Bibbiano”, «nel caso venisse accertato con un giusto processo», ha spiegato Spadaro, che ha preso le distanze da strumentalizzazioni e distorsioni, che hanno fatto finire nel mirino della pubblica opinione anche il lavoro della magistratura.

Numeri sottovalutati, al punto da produrre vere e proprie fake news risultate devastanti per il sistema di tutela effettivo dei minori. E che parlano chiaro, Se è vero come è vero che l’Emilia Romagna è la regione con il minor numero di allontanamenti di minori e con quello tra i più alti in termini di ricongiungimenti e, quindi, di riuscita dei percorsi di recupero da parte dei genitori.

Non tutte le segnalazioni, inoltre, arrivano dai servizi sociali: molte vengono dal sistema sanitario o educativo. «I bambini non sono pacchi che si restituiscono indietro perché qualcuno va in tv», ha ammonito il magistrato. Che ha dunque chiarito i contorni del lavoro svolto dai suoi uffici. Il numero di collocamenti fuori famiglia disposti all’esito di un procedimento avente ad oggetto la responsabilità genitoriale è eloquente: nel 2018 sono stati 148 e 101 nel primo semestre del 2019.

«Sono numeri bassissimi - ha sottolineato - che dimostrano che a seguito di segnalazione di situazioni di pregiudizio dei minori, per genitori considerati non adeguati, gli allontanamenti sono stati, in un anno e mezzo, 249». Ma vi è di più: la fascia di età che va dai zero ai 12 anni - quindi l’età dei “Casi Bibbiano”- rappresenta il 55% dei casi di allontanamento, «un numero che si attesta tra i più bassi in Italia», ha chiarito Spadaro.

A ciò si aggiunge il dato più positivo: sui casi in questione, i rientri in famiglia sono stati 86 nel 2018 e 30 nel 2019. Dati oggettivi, ha spiegato, che testimoniano che «il sistema, in questa regione, come sull’intero territorio nazionale, funziona». Nel corso dell’audizione Spadaro si è abbandonato anche ad uno sfogo personale.

«Le mie figlie hanno dovuto leggere sui social che io e i miei giudici siamo dei rovina famiglie, sequestratori di bambini - ha affermato -. Anche questa ferita si rimarginerà, perché io ho la capacità di perdonare, ma per il momento è sanguinante. Le mie figlie devono compiere 18 anni e io non sono un sequestratore di bambini».

Situazione che Spadaro ha confrontato con le minacce subite dalla ‘ ndrangheta, quando era giudice in Calabria, a Lamezia Terme. «Ma quella ferita l'ho rimarginata, perché ho capito che proveniva da chi era in netta contrapposizione e conflitto, dal nemico: io e i miei giudici dovevamo fare giustizia», mentre la ' ndrangheta «sul territorio doveva fare estorsioni». Nel caso degli affidi, invece, «provengono da persone che si nascondono dietro l'anonimato o che non sanno di cosa sta parlando».

Sulle procedure, Spadaro ha spiegato che non si può aspettare di accertare il fatto segnalato prima di allontanare i bambini da famiglie sospettate di maltrattamenti, proprio per evitare tragedie. «Ma sono onorato di essere in uno Stato di diritto in cui c’è un giudice che per la legge interviene e non si volta dall’altra parte, anche a costo di rischiare di trovare dei balordi ( come i servizi sociali, nell’ipotesi accusatoria di “Angeli e Demoni”, ndr) che commettono dei reati - ha sottolineato -. Le indagini e le relazioni dei servizi sociali fanno prova fino a querela di falso». Ed è impossibile non intervenire dopo una segnalazione. Per evitare di sbagliare, dunque, «si potrebbe agire a livello normativo, magari con una consultazione immediata dell’autorità giudiziaria».

Su 100 procedimenti pendenti in carico all’Unione Val d’Enza, aperti su richiesta della procura minorile, ha segnalato Spadaro nella propria relazione, «solo in 15 casi il Tribunale aveva disposto l’allontanamento temporaneo dei minori dalla famiglia d’origine e il loro collocamento presso terzi. Inoltre, mentre in otto di tali procedimenti i genitori non hanno presentato ricorso in appello, negli altri sette casi il ricorso presentato è stato respinto dalla Sezione minori della Corte d’Appello». E ancor prima del 27 giugno, data di esecuzione delle misure disposte dal gip di Reggio Emilia, «quattro dei sei bambini coinvolti nell’inchiesta erano tornati a vivere con i genitori naturali a seguito dell’intervento del Tribunale per i Minorenni di Bologna».

A prevalere, ha concluso il magistrato, alla fine acclamato da tutti i membri della commissione, è la tendenza «all’eccessiva semplificazione che, in buona sostanza, si è ormai tradotta in uno schema manicheo: da un lato, coloro che accusano e gettano un discredito indiscriminato sul cosiddetto “sistema di affidi illeciti” ( per tacere di alcuni espliciti e ben finalizzati obiettivi speculativi) - ha sottolineato -, dall’altro, coloro che per ruolo e funzione svolta devono “difendere” se stessi ed il sistema rappresentato di servizi di protezione dell’infanzia e di aiuto alle famiglie più fragili. Non sfugge a nessuno, ovviamente, che a tale schema sono sottese visioni politiche e sociali anche profondamente diverse delle questioni in campo e altrettanti legittimi approcci scientifici e operativi».