«Con la separazione delle carriere il pm finirà sotto il controllo dell’esecutivo»; «è la riforma che voleva Gelli!»; «anche Falcone era contrario alle carriere separate»; «così si va verso una deriva autoritaria»… Ecco i principali argomenti di chi sostiene il No alla riforma della giustizia targata Nordio in vista del referendum confermativo atteso per la prossima primavera. Noi li abbiamo smontati uno per uno, con un piccolo e semplice vademecum delle “fake news” più diffuse. 

 

• La riforma intacca l’indipendenza della magistratura?


► No. Il pilastro costituzionale dell’Articolo 104 non viene toccato: “La magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere” compreso quindi il potere politico. La magistratura resta dunque un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere. La riforma interviene solo per dire che quell’ordine è composto da due carriere distinte, giudicante e requirente. È una specificazione, non una sottrazione. È esattamente il contrario di ciò che si dice nella propaganda catastrofista: si rafforza l’indipendenza qualificando meglio le funzioni dentro l’autonomia, separandole per evitare consanguineità culturale e autorità impropria che oggi il pm tende di fatto a esercitare nella percezione pubblica.


• I pubblici ministeri finiranno sotto il controllo politico del governo?


► No. I pm continueranno ad essere indipendenti dal potere esecutivo e non risponderanno quindi al Ministro della giustizia. Non viene modificato l’articolo 69 dell’ordinamento giudiziario che recita: “Il pubblico ministero esercita, sotto la vigilanza del Ministro per la grazia e giustizia, le funzioni che la legge gli attribuisce”. La riforma non prevede tra l’altro la cancellazione dell’obbligatorietà dell’azione penale. La riforma istituisce due Csm autonomi presieduti dal Presidente della Repubblica, con maggioranza dei componenti togati e non di nomina parlamentare.


• Il pm diventerà più debole o al contrario più forte e inquisitorio?


► No. Non cambia il potere del pm, cambia la sua collocazione istituzionale. Il Pm non sarà né intimidito né liberato all’arbitrio: rimane parte processuale con i medesimi obblighi, responsabilità e libertà di portare avanti le indagini come ha fatto fino a questo momento. Ad esempio non viene modificato l’art. 358 cpp per cui «Il pubblico ministero […] svolge altresì accertamenti su fatti e circostanze a favore della persona sottoposta alle indagini». Chi parla di “squadrone della morte” dei pm separati dovrebbe prima citare almeno casi in cui i pm hanno portato in giudizio prove a favore dell’indagato.


• Si perde la “cultura della giurisdizione”?


► No. La “cultura della giurisdizione”, intesa nella sua essenza letterale come cultura dello jus dicere coincide inevitabilmente e semplicemente con la cultura del processo in cui ci sono tre attori: non solo pm e giudici ma altresì gli avvocati. Affermare che la separazione delle carriere sottrarrebbe i pm alla cultura della giurisdizione significa nascondere sotto quel nome ambiguo qualcosa di diverso, ossia che la circolazione di quella cultura avvenga altrove, in un luogo diverso dal processo e dalla sua pubblicità democratica. Giudici e pm anche dopo la separazione delle loro carriere resterebbero uno accanto all’altro ad esercitare quotidianamente le proprie diverse funzioni.


• Un CSM estratto a sorte sarà meno indipendente?


► No. È vero il contrario. Il sorteggio rompe i meccanismi di cooptazione interna, elimina la filiera correntizia, impedisce il mercato interno delle carriere. Oggi il potere delle correnti è fuori controllo. Palamara non è una deviazione: è il sistema che si è visto funzionare in diretta. Il sorteggio è l’antidoto democratico più potente contro l’oligarchia interna.


• L’Alta Corte che giudicherà i magistrati disciplinarmente sarà controllata dalla politica?


► No. Oggi il disciplinare è “domestico”: una sezione interna del Csm fatta da colleghi che giudicano colleghi. La riforma costruisce una Corte terza, autonoma, sorteggiata, con composizione mista, con maggioranza togata qualificata e presidenza laica. È più imparziale, non più politicizzata. È un sistema di responsabilizzazione vera della magistratura, non di assedio politico.


• «È la riforma che voleva Gelli»?

► Sì, ma qui siamo nel campo dei trucchi retorici e delle fake storiche. Il fatto che una cosa sia stata immaginata anche da un personaggio come Licio Gelli, non la rende automaticamente incostituzionale, antidemocratica o criminogena. Per lo stesso criterio dovremmo sostenere che la riduzione dei parlamentari voluta dal Movimento 5Stelle fosse a sua volta nel programma della P2. Le riforme si giudicano per la coerenza e la qualità istituzionale, non per i fantasmi simbolici che si evocano. E se dobbiamo scomodare i fantasmi allora bisogna anche dire che l’unicità delle carriere era voluta da Dino Grandi, Ministro di grazia e giustizia del Governo Mussolini.


• Giuliano Vassalli era contrario?


► No, Vassalli - ideatore della riforma dell’88 e partigiano torturato a via Tasso dai nazi-fascisti - era favorevole, ma era pessimista sulla possibilità politica di far passare la separazione delle carriere. E disse espressamente che la magistratura non avrebbe mai rinunciato spontaneamente al potere conquistato. La sua frase è brutale e storica: «La magistratura ha un potere enorme… e quello che ha conquistato, non lo molla più». Questa riforma porta a compimento la coerenza interna del sistema accusatorio che Vassalli ha disegnato.


• Giovanni Falcone era contrario?


► No, Giovanni Falcone scrive chiaramente che funzioni così diverse richiedono habitus mentali totalmente diversi. «La regolamentazione della carriera del PM non può essere identica a quella del giudice». Non è un dettaglio minore: il più grande magistrato italiano del dopoguerra riconosceva che la simmetria attuale non è fisiologica. È la conferma culturale più pesante contro i detrattori.


• L’Italia è “l’unica che ha capito”?


► No, l’Italia è l’unica che è rimasta ferma. Tutte le democrazie accusatorie mature hanno carriere separate. Noi siamo l’eccezione e non in senso lusinghiero.



• Questa riforma è un passo verso l’autoritarismo?


► No, è una riforma liberale classica. È la divisione reale dei poteri. È l’uscita definitiva dal modello teocratico del PM parte+giudice morale. Se questa è dittatura, lo sono anche gli Stati Uniti, la Germania, la Spagna, il Portogallo, il Regno Unito.