Ciò che è vero a Milano non vale a Brescia, in materia di famiglie omogenitoriali. Due giorni dopo la sentenza nel capoluogo lombardo, che ha accolto i ricorsi della procura e giudicato illegittima l’iscrizione della madre “intenzionale” sul registro degli atti di nascita di bimbi nati da due donne tramite tecniche di procreazione medicalmente assistita (PMA), spunta una decisione di segno opposto della Corte d’Appello civile di Brescia, che invece conferma la validità dell’iscrizione già “ammessa” in primo grado.

La decisione risale allo scorso novembre, spiega Luigi Ferrarella sul Corriere della Sera, ma è nota soltanto ora. Sintomo dei diversi orientamenti che confluiscono in Cassazione: in mancanza di una legge nazionale sulla tutela dei figli nati da coppie dello stesso sesso, i tribunali vanno in ordine sparso. Entrambe le corti di Milano e Brescia riconoscono che debba essere il Parlamento ad occuparsene, ma giungono a conclusioni diverse in risposta ai reclami del ministero dell’Interno sugli atti già registrati dopo la circolare del gennaio 2023, che imponeva uno stop ai sindaci in base alla sentenza della Cassazione a Sezioni Unite del dicembre 2022.

Una decisione relativa, in realtà, al riconoscimento dei bambini nati tramite gestazione per altri, pratica illegale in Italia e giudicata contraria all’ordine pubblico. La questione è un po’ più complessa per i nuclei formati da due donne, che spesso ricorrono alla fecondazione eterologa all’estero: la Cassazione in questo caso ammette la trascrizione degli atti formati in un paese straniero, ma nega la possibilità di formarli in Italia, dove la legge 40/2004 vieta l’accesso alle tecniche di PMA per le coppie dello stesso sesso.

Per i giudici di Milano il genitore “intenzionale”, cioè colei che non ha un legame biologico con il bimbo, può richiedere l’adozione in casi particolari: una procedura che prevede il consenso dell’altro genitore (il quale può sempre revocarlo), e che rischia di lasciare il bimbo privo di un genitore per anni, in attesa che un tribunale decida. Proprio per questo, di fronte a situazioni particolarmente delicate, come la morte del genitore biologico, i giudici di Brescia ritengono invece che «la protratta inerzia del legislatore, pur dopo il severo monito nell’ormai lontano 2021 della Corte Costituzionale», di fatto autorizzi a «una interpretazione evolutiva» della legge 40 per «superare la mancata tutela dei figli». «Non è il comportamento degli adulti che deve essere valutato», argomenta la Corte, ma l’interesse del minore, e il suo diritto alla «bigenitorialità sancito dalle norme nazionali e sovranazionali».