Il segreto professionale in Russia è carta straccia. A dimostrarlo è la sentenza riguardante i tre avvocati dell’oppositore Alexei Navalny, morto nel febbraio 2024 nella colonia penale “Polar Wolf”, nell’Artico russo. Per Vadim Kobzev, Alexei Liptser e Igor Sergunin sono state confermate le condanne a 5 anni e sei mesi di carcere, a 5 anni e a 3 anni, nonostante la richiesta di pene più severe da parte del pubblico ministero.

I legali sono stati incriminati per “partecipazione ad un'organizzazione estremista” al termine di un processo svoltosi a porte chiuse. Alla base delle accuse alcune intercettazioni telefoniche, vietate dalle leggi sul segreto professionale, tra Navalny e i suoi avvocati. La conferma delle condanne rappresenta un precedente pericoloso per l’avvocatura russa nel silenzio assordante dell’organismo istituzionale: la Camera federale degli avvocati della Federazione Russa.

Gli avvocati, soprattutto di oppositori e dissidenti politici, vengono sempre più spesso presi di mira, identificati con i loro assistiti e rischiano quanto questi ultimi. Con buona pace per il diritto di difesa e le garanzie che ne conseguono. Dallo scoppio della guerra di aggressione della Russia ai danni dell’Ucraina si sono moltiplicati i casi di legali perseguitati. La vicenda di Kobzev, Lipster e Sergunin lo dimostra anche se le indagini a loro carico sono iniziate prima dell’«operazione militare speciale» del 24 febbraio 2022.

Per Sergunin c’è stato uno sconto di pena, in quanto, sottoposto ad una serie di pressioni, ha ammesso alcuni fatti contestatigli dall’autorità giudiziaria. Il 5 settembre è morta la madre di Alexei Liptser. L’ex avvocato di Navalny non ha potuto lasciare il carcere per partecipare al funerale. Gli avvocati di Alexei Navalny sono stati intercettati a partire dal 6 agosto 2021, due giorni dopo la sentenza che ha classificato la “Fondazione anticorruzione”, creata dal più importante oppositore di Putin, come un’«organizzazione estremista».

Ma già tre mesi prima il Tribunale regionale di Vladimir aveva autorizzato la registrazione video e audio di tutte le visite effettuate degli avvocati nella colonia correzionale n. 2 di Pokrov in cui era rinchiuso Navalny. Durante i colloqui in carcere con Navalny, gli avvocati avrebbero consegnato, a detta dell’accusa, diversi messaggi della “Fondazione anticorruzione” e i testi di alcuni post da pubblicare sui social media. Le intercettazioni disposte dalla procura, durate più di due anni, sono state motivate anche dall’esistenza di “informazioni operative”, secondo le quali Alexei Navalny aveva intenzione di corrompere alcuni ufficiali del Servizio penitenziario federale.

Di qui una sorveglianza sempre maggiore del «condannato Navalny, dei suoi parenti e delle persone a lui vicine», compreso tutto lo staff legale del politico: Olga Mikhailova (ha lasciato la Russia dopo l’inizio della guerra in Ucraina), Vadim Kobzev, Alexei Liptser, Alexander Fedulov (anche lui fuggito all’estero) e Igor Sergunin. Andrei Grivtsov, difensore di Kobzev, dopo la conferma della condanna, ha espresso il proprio disappunto. «Abbiamo provato a chiedere alla procura e alle autorità di polizia – ha detto alla Bbc - da dove provenissero le informazioni sulle somme di denaro che avrebbe dovuto usare Navalny, ma ci è stato detto che si trattava di informazioni di intelligence. Inoltre, non è stato provato il coinvolgimento degli avvocati nella partecipazione ad un gruppo estremista».

A proposito di dissidenti perseguitati, Memorial, organizzazione russa impegnata nella difesa dei diritti umani che nel 2022 ha ricevuto il Premio Nobel per la Pace, è scesa in campo a sostegno di Alexei Gorinov.  L’avvocato ed ex deputato municipale di Mosca sta scontando una pena a dieci anni di carcere e per la quarta volta consecutiva è stato sottoposto ad isolamento in condizioni di salute molto precarie.

Alexei Gorinov è stato il primo cittadino russo condannato per i “falsi sull’esercito”, avendo espresso alcune opinioni contrarie alla guerra in Ucraina. Successivamente è stato condannato per “giustificazione del terrorismo”. Memorial chiede l’intervento del Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulla detenzione arbitraria. «La persecuzione di Gorinov – scrive Memorial in una lettera-appello alle Nazioni Unite - è direttamente collegata alla sua opposizione al governo russo e alla posizione contro la guerra. Le dichiarazioni di Gorinov non contenevano inviti alla violenza e non rientrano nella definizione di “incitamento all’odio”. Di fatto, è punito solo per aver esercitato il suo diritto alla libertà di espressione e per aver espresso critiche politiche».

Infine Memorial sottolinea che esiste già una presa di posizione sulla persecuzione contro Alexei Gorinov, che, però, andrebbe rafforzata. Nel febbraio 2023, il Gruppo di lavoro dell’Onu sulla detenzione arbitraria ha concluso che il procedimento penale contro Gorinov per le cosiddette “false informazioni” sull’esercito e la successiva detenzione erano arbitrari. «Il Gruppo di lavoro – aggiunge Memorial - ha rilevato che il caso derivava dal legittimo esercizio del diritto alla libertà di espressione di Gorinov e che era stato preso di mira per le sue convinzioni politiche e la sua posizione contro la guerra. Gli esperti hanno sottolineato che questa punizione “capovolge la legge invece di condannare gli appelli contro la guerra, così la Russia persegue coloro che si esprimono a favore della pace”».