Prosegue l’inchiesta a mezzo stampa minuto per minuto sul caso Garlasco bis. Laddove sarebbe necessario un assoluto riserbo, assistiamo invece ad un profluvio di informazioni. Impossibile stabilire chi sia la manina che sta alimentando questo delirio mediatico e social collettivo: la procura di Pavia? La polizia giudiziaria? Qualche avvocato interessato a screditare la controparte?

Non lo sapremo mai, di solito non vengono mai aperte indagini sulle fughe di notizie. Notizie, tra l’altro, date anche in maniera spesso errata, visto che la procura è dovuta intervenire due giorni fa con un comunicato atto a spiegare la vera natura della famosa impronta “33”, che inizialmente era stata descritta come intrisa del sangue di Chiara Poggi. C’è poi da aggiungere che, come si legge nell’intervista all’avvocato di Andrea Sempio, Angela Taccia, la consulenza che attribuisce al suo assistito quella impronta repertata sul muro delle scale di casa Poggi era coperta da segreto.

Come ha scritto il deputato di Forza Italia, Enrico Costa, da sempre attento a queste questioni, «il processo mediatico, quello in piazza richiede un colpevole subito da dare in pasto alla stampa e all’opinione pubblica. Pazienza se le indagini sono fatte coi piedi, piene di buchi e omissioni. I riflettori non aspettano. Ovviamente chi ha sbagliato non pagherà». Sul clamore mediatico suscitato dalla vicenda abbiamo chiesto anche un commento al procuratore capo di Pavia, Fabio Napoleone, ma al momento nessuna risposta. Comunque di certo non possiamo dire noi se queste indagini porteranno ad un risultato o si riveleranno un flop. Lo stabilirà eventualmente un gup o una Corte d’Assise, in caso di rinvio a giudizio.

Sicuramente a giorni alterni Andrea Sempio, Stefania e Paola Cappa – tra l’altro non indagate ufficialmente - vengono processati e condannati perché sui giornali e in tv finiscono perizie di parte, intercettazioni, materiale raccolto dai carabinieri, stralci di interrogatori, analisi criminologiche sui protagonisti della vicenda da parte di chi molto probabilmente non ha letto un atto giudiziario sul caso. Sul punto è intervenuta l’avvocato Giada Bocellari che, con il collega Antonio De Rensis, assiste Alberto Stasi: «Ci tengo a precisare una cosa: c’è troppo rumore di fondo e lo trovo francamente dannoso per le indagini. Se qualcuno ha qualcosa da dire, e io sono anni che lo spero, è bene che vada in procura. Se intende andare, io non trovo sinceramente opportuno darne visibilità in qualche modo soprattutto considerando che ad oggi c’è solo un indagato che è Andrea Sempio. Negli ultimi giorni abbiamo visto che ci sono novità serie e importanti, parliamo di queste. Capisco il clamore mediatico, ma invito tutti a fare molta attenzione a quello che si dice».

La legale si è poi soffermata sull’impronta “33” rinvenuta sulla parete delle scale che conducono al seminterrato dove fu trovato il corpo di Chiara Poggi e che secondo i consulenti della procura apparterrebbe ad Andrea Sempio. «Ricordo solo che la stessa sentenza di Stasi - ha dichiarato Bocellari - reputa un grave indizio di colpevolezza un’impronta su un dispenser del sapone, nel bagno che ha frequentato anche lavandosi le mani la sera prima. Non si possono usare due pesi e due misure: l’impronta di Stasi sul dispenser del sapone un gravissimo indizio di colpevolezza, l’impronta palmare di Andrea Sempio sulle scale dove è stata gettata Chiara Poggi, anche alla luce della presenza del dna su due dita di due mani diverse della vittima, è un “vabbè frequentava la casa”».

Ognuno giustamente tira l’acqua al proprio mulino. Infatti, al contrario, per il consulente della famiglia di Chiara Poggi, l’ex ufficiale del Ris, Marzio Capra, l’impronta palmare attribuita ad Andrea Sempio, è «un elemento molto controverso». A proposito di impronte, è emerso che sulle due pareti del muro della scala c’erano altre sei tracce «palmari», mai identificate, e che gli esperti, nominati dalla procura di Pavia, hanno rianalizzato cercando di dargli un’identità, senza riuscirci, e che restano, dunque, al momento ignote. Sono state ritenute tutte «comparabili», anche se non utili per una identificazione, e con un lavoro di «esclusione» si è concluso che quelle sei impronte non sono di Sempio, di Alberto Stasi, né dei familiari della 26enne, né di Stefania Cappa, né degli amici del fratello della vittima Marco Poggi, Alessandro Biasibetti, Roberto Freddi e Mattia Capra.

Intanto i programmi di informazione, di infotainment o a talk show aumentano il loro share: ad esempio «Chi l’ha visto?» su Rai 3 due sere fa, con la puntata dedicata agli aggiornamenti sui casi di Garlasco e anche di Liliana Resinovich, ha infatti raggiunto il 10,7% di share, un punto percentuale in più rispetto alla scorsa settimana, e interessato 1 milione 746 mila spettatori, contribuendo, come ci disse il professore Vittorio Manes in una intervista, «bon gré mal gré alla spettacolare ricostruzione collaterale dei fatti». La giustizia penale è sempre più dunque uno spettacolo. Non siamo dinanzi a pura e semplice informazione o cronaca giudiziaria, ma vero e proprio autentico intrattenimento, sempre più incline al voyeurismo giudiziario, se consideriamo che alcune testate giornalistiche, incoraggiate sempre dalle indiscrezioni investigative, si stanno interessando sempre di più ai gusti sessuali di Andrea Sempio e Alberto Stasi.