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Unioni civili
Un passo decisivo verso l’equiparazione tra matrimonio e unione civile arriva dalla Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, che con la pronuncia del 17 settembre ha chiarito i criteri per il riconoscimento dell’assegno post-separazione. La Suprema Corte ha stabilito che, anche in caso di scioglimento di un’unione civile, è possibile riconoscere un assegno mensile a favore di uno dei partner, tracciando un parallelismo con quanto previsto nel diritto divorzile matrimoniale.
Secondo i giudici, l’assegno può essere concesso quando si accerti l’inadeguatezza dei mezzi economici del richiedente e sussistano le funzioni assistenziale o perequativo-compensativa. La funzione assistenziale si applica quando l’ex partner non dispone di risorse sufficienti per condurre una vita autonoma e dignitosa e non ha possibilità concrete di procurarsele. In questo caso, l’assegno serve a garantire i bisogni essenziali, senza alcun riferimento al tenore di vita precedente.
La funzione perequativo-compensativa viene riconosciuta quando il divario economico tra le parti deriva da scelte comuni fatte durante la convivenza, che abbiano comportato rinunce professionali e reddituali da parte di uno dei partner in favore della gestione domestica o della crescita del patrimonio dell’altro. In questo caso, l’assegno tiene conto del valore di quel contributo.
La Corte ha chiarito che la funzione compensativa assorbe quella assistenziale e che solo in presenza della prima l’assegno potrà essere quantificato sulla base del contributo dato alla vita familiare. La decisione consolida l’equiparazione tra matrimonio e unione civile sul piano dei diritti patrimoniali, avvicinando i due istituti. Viene così rafforzato il principio di uguaglianza dei diritti e dei doveri, anche nel momento doloroso della separazione.