A distanza di un mese, tornano ancora a far discutere negli ambienti giudiziari le dichiarazioni fatte dal consigliere togato del Csm Giuseppe Cascini al processo di Brescia nei confronti di Piercamillo Davigo, imputato per rivelazione del segreto d’ufficio circa i verbali di Piero Amara.

La testimonianza del 15 novembre scorso, pare, infatti, aver suscitato un forte risentimento fra alcuni magistrati milanesi per le esplicite accuse di non aver adeguatamente investigato sulla esistenza della cosiddetta Loggia Ungheria, denunciata proprio dal avvocato siracusano Amara.

Si tratta, del resto, di ciò che ha sempre sostenuto l’allora consigliere del Csm Davigo, imputato nel procedimento bresciano nel quale ha testimoniato Cascini, che fin dal primo momento ha sposato la tesi del pubblico ministero Paolo Storari, secondo il quale la procuratrice aggiunta Laura Pedio, appoggiata dall’ex procuratore Francesco Greco e dall’altro procuratore aggiunto Fabio De Pasquale, non gli avrebbero consentito di svolgere le indagini. A tali affermazioni in parte riscontrate Cascini ne ha però aggiunte altre che invece non troverebbero riscontro dagli atti.

A proposito dell’esposto presentato dall’ex pm romano Stefano Rocco Fava al Csm, Cascini ha infatti dichiarato che quest’ultimo, dopo aver presentato per il visto la richiesta cautelare nei confronti di Amara, avrebbe «rinunciato all’indagine» quando Pignatone, appoggiato dagli aggiunti Sabelli e Ielo, glielo aveva negato.

Le cose tuttavia sarebbero andate in maniera opposta a quanto riferito da Cascini perché Fava, dopo aver chiesto per iscritto a Pignatone di inoltrare la richiesta al gip, si era visto revocare il fascicolo. A quel punto Fava ha immediatamente presentato reclamo al Csm che, a distanza di quasi quattro anni, non si è però ancora pronunciato. Cascini ha poi aggiunto che Fava avrebbe fatto l’esposto «probabilmente ignorando che Pignatone aveva fatto una dichiarazione di astensione che era stata respinta dal procuratore generale della Corte d’Appello».

In realtà Fava fece l’esposto proprio quando seppe che Pignatone aveva fatto la richiesta di astensione nel maggio 2017, dopo che invece aveva adottato l’anno prima diversi atti nei confronti degli indagati Enzo Bigotti e lo stesso Amara, i quali avevano conferito incarichi al suo fratello avvocato. Cascini era anche egli titolare del procedimento nei confronti di Amara e Bigotti.

Dopo tutti questi anni, dunque, la vicenda giudiziaria che ha riguardato Amara pare essere ancora avvolta nella nebbia. Nebbia che avvolge sia il motivo delle mancate indagini sulla Loggia Ungheria che quello della revoca al pm Fava del fascicolo romano contro il finto pentito Amara.