Prove di nuovo ordine globale al vertice della Organizzazione per la cooperazione di Pechino (Sco) a Tianjin, in Cina, dove il presidente cinese, Xi Jinping, ha esortato i Paesi membri dell’organizzazione a «opporsi alla mentalità della Guerra Fredda, allo scontro tra fazioni e alle intimidazioni». Xi Jinping ha sottolineato come il ruolo della Sco debba essere quello di «sostenere un ordine mondiale equo e ordinato», oltre a promuovere un sistema di governance internazionale «più equo e ragionevole».

Il presidente cinese ha proseguito affermando che l’Organizzazione «si oppone all’egemonia» e pratica un «vero multilateralismo» in un mondo che Xi Jinping ha descritto come «turbolento e in continua evoluzione», facendo riferimento al ritorno di Trump sul palcoscenico geopolitico, pur senza nominarlo direttamente. La Sco è composta da Cina, Russia, Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, India, Pakistan, Iran e Bielorussia, ed è nata nel 2001 a Shanghai come evoluzione del Gruppo di Shanghai, noto anche come Gruppo dei Cinque, fondato nel 1996. L’Organizzazione mira ad aumentare la cooperazione tra i Paesi membri in materia di sicurezza.

Oltre ai Paesi membri la Sco riconosce lo status di osservatore e di partner; i Paesi osservatori sono Mongolia e Afghanistan mentre tra i partner figura la Turchia, unico membro Nato a partecipare ai lavori dell’Organizzazione, seppur in modo marginale.

Nel corso del suo discorso il presidente cinese ha dichiarato che i Paesi membri della Sco «non saranno mai nemici» e che, fin dalla sua fondazione 24 anni fa, la Sco ha permesso la creazione dello «spirito di Shanghai», basato su «fiducia reciproca, benefici condivisi, uguaglianza, consultazione, rispetto per la diversità culturale e ricerca di uno sviluppo comune». Eppure non sono mancate nel passato, recente e remoto, occasioni di frizione e conflitto tra diversi Paesi membri.

Rimanendo entro un orizzonte passato di cinque anni, tra il 2020 e il 2021 Cina e India si sono scontrate sul confine Himalayano nella regione autonoma del Tibet. Gli scontri hanno avuto come esito la cessione di 2mila chilometri quadrati di territorio dall’India alla Cina, ad aprile di quest’anno l’India e il Pakistan, alleato della Cina, si sono scontrate a colpi di missili a seguito di un attacco terroristico nel Kashmir per cui Nuova Delhi ha accusato Islamabad e, secondo quanto riportato a giugno dal New York Times, il controspionaggio del Cremlino sembra nutrire crescenti preoccupazioni nei riguardi dell’intelligence di Pechino e delle sue capacità d’infiltrazione all’interno del territorio russo.

Questo nonostante i due leader nel corso del summit abbiano dichiarato di non essere mai stati così uniti, le relazioni tra i due Paesi siano attualmente a un «livello senza precedenti» e Xi Jinping abbia elogiato il rapporto di «cooperazione strategica globale» che intercorre con Russia. Il vertice è stato infatti occasione per la firma di un memorandum tra Russia, Cina e Mongolia per la costruzione del gasdotto Power of Siberia 2 e del gasdotto di transito Soyuz Vostok, attraverso la Mongolia.

Nel corso del suo intervento invece Putin, che ha mostrato di non essere isolato sulla scena internazionale, è tornato sul conflitto in Ucraina, crisi che secondo il capo del Cremlino «non è nata come conseguenza dell’attacco della Russia all’Ucraina» bensì come conseguenza del colpo di Stato provocato e sostenuto dall’Occidente.

Al termine del vertice, durante un incontro con il presidente slovacco, Robert Fico, in visita a Pechino, Putin è tornato nuovamente sulla guerra in Ucraina dichiarando che «esistono opzioni per garantire la sicurezza dell’Ucraina in caso di fine del conflitto» ma «naturalmente spetta all'Ucraina decidere come garantire la propria sicurezza. Ma questa sicurezza non può essere garantita a scapito della sicurezza di altri Paesi, in particolare della Federazione Russa», ribadendo poi di ritenere «inaccettabile» l’ingresso di Kiev nella Nato mentre non ci sarebbero invece ostacoli ad un’eventuale adesione dell’Ucraina all’Unione Europea. Riferendosi proprio all’Europa Putin ha dichiarato che «la Russia non vuole attaccare nessuno».

I fatti però sembrerebbero smentire il presidente russo, almeno per quanto riguarda la guerra ibrida. Da diversi anni infatti i paesi baltici, la Finlandia e altri Paesi che confinano con la Russia lamentano continui danneggiamenti alle frontiere, attacchi informatici che provocano interruzioni dei servizi, sconfinamenti di droni e di spie russe o bielorusse travestite da escursionisti che svaniscono nel nulla.

La stessa presidente della Commissione Europea, Ursula Von der Leyen, potrebbe essere stata oggetto di un simile attacco. L’aereo su cui viaggiava è stato colpito da interferenze al sistema di navigazione Gps poco prima dell’atterraggio nella città bulgara di Plovdiv, costringendo i piloti ad usare mappe cartacee per portare l’aereo a terra, difficile immaginare quali sarebbero state le conseguenze se non ce l’avessero fatta. Le autorità bulgare sospettano che l’interferenza sia stata generata dalla Russia, dal febbraio del 2022 infatti Sofia denuncia un costante aumento delle interferenze.