ll senso di rivalsa e la catarsi afferrano il pubblico a margine del lungo teaser fatto di scene d’azione e lunghi piani sequenza: siamo con i rivoluzionari, rifiutiamo lo status quo, e l'America claustrofobica e razzista che “Una battaglia dopo l'altra” immagina, non troppo diversa da quella trumpiana, dove il diverso, specie se straniero, è un nemico. Un film importante, che ci riporta alla radice del cinema indipendente, dove passione, studio e arte fondano la poetica dell’intrattenimento.

Nelle due ore e quarantadue minuti dell’opera, si fanno apprezzare pellicola Super 35mm e VistaVision, e una colonna sonora ora epica, ora rarefatta, dello storico collaboratore del regista Jonny Greenwood, insieme ai sei mesi di riprese, ai test screening, al budget da 130 milioni, con star di prima grandezza, ne fanno un film indimenticabile.

Risultato dovuto a un innesto preciso, e il pubblico che scende giù per il toboga della pellicola più ambiziosa di Paul Thomas Anderson, lo sente in ogni fotogramma: il respiro hippie e allucinatorio, e le azioni, iperrealistiche o grottesche, svelano la matrice letteraria, esistenziale e produttiva di un inimitabile innovatore, il celebre scrittore postmodernista Thomas Pynchon jr. Nell’impossibilità di adattare per il cinema un romanzo impervio come il suo “Vineland”, Anderson ha preferito trasformare in film precisi segmenti, che illuminassero le traiettorie parentali, creando sentieri di rivalsa e dannazione mai privi di guizzi nonsense, tra utopia delusa e senso costante di minaccia.

E in fondo “Una battaglia dopo l’altra” sembra quasi essere una contrometafora del Vietnam, la sporca guerra che nessuno voleva fare, e che compromise un’intera generazione di pacifisti. La differenza è che però i protagonisti del film, almeno finché il collettivo French75 è in piedi, sanno di dover combattere e vogliono farlo, anche se a modo loro, per dare all’America che sognano una seconda opportunità. E dunque anche se il romanzo è del 1990, e immagina un 1984 alternativo, il regista trasporta la narrazione parecchio più avanti, pur senza dirlo, immaginando un ventunesimo secolo leggermente meno tecnologico ma ugualmente sfilacciato.

Elemento sociale e visivo accompagnano il ritmo delle azioni, che specie nel primo tempo è vertiginoso, salvo poi rallentare per eventi della vita che spingono i protagonisti lontano, fin quasi a scomparire, in attesa di una inattesa ricomparsa, degna di un fiume carsico. La poetica di Anderson è attenta a usare il mezzo tecnico con la netta consapevolezza di chi ama fare buon cinema per esserne stato a lungo spettatore attento negli anni della formazione. Di fronte però allo scorrere del film, ci si sente quasi sopraffatti da emozioni diverse.

Difficile districarsi tra i vari temi messi sul tavolo, disposti in un'alternanza di strati come una finissima millefoglie di immagini: la rabbia, la libertà, l'amore, la vendetta, si intersecano e contaminano a vicenda, in una dimensione temporale e narrativa nella quale degenerazione repressiva del regime e lotta dei migranti per esistere hanno pari peso, in un tempo e in luogo sospeso tra la California e il Texas, dove la lotta armata può ricordare molto da vicino gli attacchi visti in Ulster, o nei Paesi Baschi.

La distanza siderale tra una cupola occulta, bianca e suprematista e la base clandestina di lotta, meticcia, insurrezionalista, producono un grande romanzo d'azione visivo, che si sviluppa intorno a due cicli, con in mezzo una cesura narrativa che dura un quindicennio. La coppia di terroristi formata da Leonardo DiCaprio e Teyana Taylor per tutto il tempo che potrà, attraverserà gli Stati Uniti con azioni di forte impatto sociale, volte a difendere la causa dei migranti, avversata da uno Sean Penn diabolico oltre ogni limite.

Le cose cambieranno radicalmente nella fase genitoriale che verrà vissuta diversamente dai due attivisti. Poi, il futuro. E l’esordiente, giovanissima Chase Infiniti costretta dagli eventi a lottare contro il regime per difendere il suo mondo, con il padre appesantito dagli anni e dalle dipendenze. L’antagonista con il suo carico di malvagità, ipocrisia e perversioni ci porterà a vari livelli di scontro, fino alla fase finale della lotta, dove Benicio Del Toro e Regina Hall offriranno le loro conquiste di saggezza contro un male camaleontico e invisibile. La visione e l’identificazione in questa lotta aspra, giusta, corale, e drammaticamente infinita, resterà dentro a lungo nel pubblico, seminando, riteniamo, nuove sensibilità sociali, fuori e dentro le sale.