Migliaia di bambini ucraini sono stati rapiti nei territori occupati da Mosca e trasferiti altrove. La vicenda di questi minori “invisibili” è approdata al Senato degli Stati Uniti. Kateryna Rashevska, esperta di diritto internazionale del “Centro regionale per i diritti umani” con sede a Kyiv, ne ha parlato due giorni fa nel corso di un’audizione tanto toccante quanto dettagliata. Secondo “Save di children”, circa 20mila minori di nazionalità ucraina sono stati trasferiti dall’inizio della guerra in Russia o nelle zone ucraine sotto il controllo delle forze armate russe. È di questi giorni, inoltre, la notizia riguardante alcuni bambini ucraini inviati addirittura in Corea del Nord. Per questi soggetti indifesi nessuno scende in piazza in Italia, nessuno si indigna, a parte qualche rara eccezione. La russificazione mediante la deportazione dei minori è un altro aspetto deprecabile della guerra di aggressione avviata da Mosca nel febbraio 2022.

«Il “Centro regionale per i diritti umani” – ha detto l’avvocata Rashevska al Senato statunitense - ha documentato la presenza di 165 campi di rieducazione in cui i minori ucraini vengono militarizzati e russificati. Questi campi si trovano nei territori occupati di Russia, Bielorussia e Corea del Nord». Durante il suo intervento, Kateryna Rashevska si è soffermata, mostrando alcune fotografie, sui casi di un ragazzino di 12 anni, Misha, originario dell’oblast di Donetsk, e di Lisa, sedicenne di Simferopoli, in Crimea. Entrambi sono stati trasferiti dai russi nel campo di Songdowon in Corea del Nord, a oltre 9mila chilometri da casa. «Nel campo nordcoreano – ha rilevato Rashevska - ai bambini è stato insegnato a combattere contro i soldati giapponesi con riferimenti continui ai veterani coreani che attaccarono la nave americana “Pueblo” nel 1968. Attacco in cui furono uccisi e feriti alcuni soldati statunitensi. La russificazione e la militarizzazione causano gravi traumi e violano la dignità dei bambini». Nell’audizione a Washington la referente del team legale del “Centro regionale per i diritti umani” ha evidenziato un altro aspetto inquietante: all’età di 17 anni i ragazzi ucraini deportati vengono arruolati nell’esercito russo. «L'obiettivo finale – ha spiegato Rashevska - è chiaro: far sì che gli ucraini si uccidano tra loro. Nel settembre 2025, il Comitato delle Nazioni Unite per i diritti economici, sociali e culturali ha riconosciuto queste azioni come assimilazione culturale forzata. I bambini che si oppongono alla russificazione vengono etichettati come estremisti, terroristi o portatori di “ideologia distruttiva”. Nel 2024, solo nella regione occupata di Lugansk, 87 bambini sono stati collocati nei cosiddetti “centri di riabilitazione sociale” e 76 in istituti psichiatrici per trattamenti forzati».

La first lady Olena Zelenska ha riferito, durante un incontro tenutosi a Parigi il 1° dicembre scorso, nell’ambito dell’iniziativa “Bring kids back”, che l’Ucraina ha finora riportato in patria quasi 1.900 bambini. Un’inchiesta del giornale Kyiv Independent ha rivelato che quest’anno circa 1,6 milioni di bambini ucraini sarebbero ancora nei territori occupati dalla Russia. Secondo il data base ucraino “Figli della guerra” (il dato è aggiornato a ieri), i bambini deportati sono 19.546 (674 i morti, 2.284 i feriti, 2.232 i piccoli scomparsi, 20 sono state le vittime di violenza sessuale).

Mosca ha definito il trasferimento dei bambini ucraini una “evacuazione”. Una giustificazione molto debole, in quanto la Russia, essendo una potenza occupante, deve adottare tutte le misure possibili per riunire le famiglie e inviare un elenco dei bambini evacuati al Comitato internazionale della Croce Rossa. Considerata la natura eccezionale dell’evacuazione, la Russia deve effettuare una regolare valutazione dei motivi che determinano il trattenimento dei bambini con l’obbligo di consentire il ricongiungimento familiare non appena vengono meno le circostanze che hanno determinato l’allontanamento. «Nessuno di questi obblighi è stato rispettato dalla Russia», ha sottolineato Kateryna Rashevska. Di qui anche le azioni giudiziarie. Il 17 marzo del 2023 la Corte penale internazionale ha emesso due mandati di arresto: uno riguardante Vladimir Putin, l’altro Maria Lvova-Belova (Commissaria per i diritti dei bambini presso l’Ufficio del presidente della Federazione Russa), «ritenuti penalmente responsabili del crimine di guerra relativo alla deportazione e al trasferimento illegale di bambini ucraini dalle zone occupate dell'Ucraina alla Federazione Russa».

Yuliya Muts, avvocata del Foro di Firenze e presidente dell’«Associazione Ucraina-Italia LILEA APS» è dall’inizio della guerra impegnata a sensibilizzare l’opinione pubblica del nostro Paese sui minori ucraini deportati. «Il rapimento e l’indottrinamento – afferma Muts -, incluso l’addestramento militare, di bambini ucraini sono stati ordinati dal presidente russo Vladimir Putin ed eseguiti da funzionari federali, regionali e di occupazione russa. I servizi di sicurezza e l’agenzia investigativa criminale russi hanno preso di mira gruppi vulnerabili di bambini da deportare, tra cui orfani, bambini con disabilità, bambini provenienti da famiglie a basso reddito e bambini con genitori nell’esercito, sottoponendoli a rieducazione con l’inclusione in elenchi per l’adozione. Inoltre, il Comitato investigativo russo ha stabilito quote di reclutamento e designato una scuola per cadetti apposita per i bambini ucraini, creando un canale diretto con i servizi di sicurezza federali».