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Incapace di intendere e di volere a causa di un totale vizio di mente, «un delirio di gelosia». Con questa motivazione la Corte d’Assise di Brescia ha chiuso il processo nei confronti di Antonio Gozzini, il 70enne che l’anno scorso uccise a coltellate nel sonno sua moglie, Cristina Maioli, professoressa di scuola superiore di 63 anni. «È una sentenza che io ritengo giusta e anche l’unica possibile - spiega all’Adnkronos il legale di Gozzini, Jacopo Barzellotti - all’esito di un processo nel quale questo aspetto di incapacità di intendere e volere è stato vagliato con molto scrupolo». «Si è compresa esattamente la patologia che affligge Gozzini - rimarca il legale -. Ovviamente, nel corso delle indagini, era stata fatta una consulenza tecnico-psichiatrica e tanto il consulente del pm quanto quello della pubblica difesa avevano concluso per l’incapacità totale di intendere e di volere del mio assistito». Quindi, aggiunge, l’avvocato, «nel processo si è voluto fugare ogni dubbio, in particolare offrire spiegazioni alle perplessità che un terzo consulente, quello delle persone offese dei congiunti della signora Maioli aveva espresso nel proprio elaborato. Ma ripeto, questa è la sentenza giusta e l’unica possibile in questa situazione». Il pm Claudia Passalacqua aveva invece chiesto l’ergastolo per l’uomo