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Trump, presidente degli Stati Uniti
La tregua a Gaza resta appesa a un filo dopo le violazioni reciproche del cessate il fuoco del fine settimana, ma i progressi sul piano diplomatico e umanitario — vanno avanti su un binario parallelo. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu, facendo marcia indietro sulla chiusura dei confini che voleva tenere sigillati fino alla riconsegna dell’ultimo ostaggio, ha autorizzato la riapertura dei valichi di Kerem Shalom e Kissufim, permettendo la ripresa del transito dei convogli umanitari. Il flusso di aiuti verso Gaza è in aumento, ma resta lontano dall’obiettivo ideale di 2.000 tonnellate giornaliere, ha dichiarato oggi il Programma alimentare mondiale ( WFP). «Per raggiungere questo traguardo – ha spiegato il portavoce Abeer Etefa – dobbiamo utilizzare fin da subito ogni valico di frontiera».
Le forniture entrate finora, ha aggiunto, sarebbero sufficienti a sfamare circa mezzo milione di persone per due settimane, con i soli due valichi attualmente operativi. Sul piano politico, Washington mantiene la pressione. Dopo l’arrivo in Israele dell’inviato Steve Witkoff e di Jared Kushner, ieri è atterrato a Tel Aviv anche il vicepresidente J. D. Vance, incaricato di portare avanti il delicato lavoro di mediazione americano. L’obiettivo resta quello di assicurare il passaggio alla seconda fase del piano Usa, che prevede il disarmo di Hamas — una prospettiva che Netanyahu considera imprescindibile per chiudere il capitolo della guerra, ma che i miliziani rifiutano con fermezza.
Su questo punto difficilmente si arriverà a un’intesa:«Con Vance discuteremo delle sfide di sicurezza e delle opportunità diplomatiche che si aprono» ha dichiarato Netanyahu, confermando di aver ricevuto Witkoff e Kushner per «valutare gli ultimi sviluppi». Secondo fonti israeliane, gli emissari americani hanno chiesto a Gerusalemme di rispettare la tregua, salvo operazioni di autodifesa, e hanno espresso sostegno alle accuse israeliane contro Hamas per i ritardi nella restituzione dei corpi degli ostaggi.
Nelle stesse ore, le Brigate Ezzedine al- Qassam, ala armata di Hamas, hanno annunciato che consegneranno questa sera alle 21 ora di Gaza i corpi di due prigionieri israeliani riesumati nella Striscia. Finora, i miliziani hanno restituito 13 dei 28 corpi che si erano impegnati a consegnare in base all’accordo, mentre altri 15 restano ancora in attesa, alimentando rabbia e frustrazione in Israele. La tensione rimane altissima.
Nonostante l’Idf abbia dichiarato di voler «riprendere l’applicazione del cessate il fuoco», nuovi scontri sono esplosi nelle ultime ore. La protezione civile palestinese riferisce di almeno quattro vittime, colpite a est di Gaza City dopo che due gruppi armati avrebbero attraversato la Linea Gialla.
Gli Stati Uniti, determinati a non far deragliare l’intesa, continuano a lanciare messaggi di fermezza e cautela. «La tregua resta in vigore» ha ribadito Donald Trump, precisando che chi la infrangerà “sarà annientato”. Eppure, sul terreno, la realtà racconta un equilibrio precario: domenica, in risposta alle violazioni, Israele ha lanciato nuovi raid sul sud della Striscia, rivendicando «153 tonnellate di bombe», mentre la Protezione civile di Gaza ha contato 45 morti in 24 ore, tra cui civili e un giornalista. Trump, cercando di smorzare i toni, ha attribuito gli attacchi a “fazioni ribelli” interne ad Hamas, suggerendo che i vertici del movimento non sarebbero coinvolti. Una lettura prudente, forse dettata dalla volontà di salvare un processo di pace ancora fragile ma indispensabile. Intanto, una delegazione di Hamas è giunta al Cairo per colloqui con i mediatori qatarioti ed egiziani.
Al centro delle discussioni, non solo la prosecuzione della tregua, ma anche un dialogo interpalestinese che miri a unificare le diverse fazioni e a porre le basi per la creazione di un comitato di esperti indipendenti incaricato di gestire Gaza nel dopoguerra, anche se è altamente improbabile che membri di Hamas possano farne parte. Un equilibrio precario, dunque, tra diplomazia e detonatori: la tregua resiste, ma ogni ora che passa sembra ricordare quanto sia sottile la linea che separa la speranza di pace dal ritorno alla guerra.