Proseguono i negoziati indiretti tra Israele e Hamas per porre fine alla guerra nella Striscia di Gaza e le prossime 48 ore potrebbero essere decisive. Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa tedesca Dpa, che cita fonti palestinesi, «sono in corso forti pressioni statunitensi per raggiungere un accordo preliminare che includa un cessate il fuoco a Gaza e uno scambio di prigionieri». L’arrivo dell’inviato speciale per il Medio Oriente Steve Witkoff a Sharm el Sheikh insieme a Jared Kushner, genero di Trump e promotore del Piano per la pace «è un chiaro segnale che i negoziati hanno raggiunto la fase finale», hanno dichiarato le fonti.

Oltre ai due funzionari americani si sono unite alle trattative anche le delegazioni delle fazioni palestinesi della Jihad islamica e del Fronte popolare di liberazione della Palestina. È invece arrivata al Cairo Fadwa Barghouthi, moglie di Marwan Barghouthi. In base a quanto riferito all’agenzia israeliana Ynet da fonti palestinesi «la sua partenza suscita notevole interesse nel contesto dei negoziati per un accordo, in cui Hamas insiste sul rilascio di Barghouthi».

L’ospite delle negoziazioni, il presidente egiziano Al Sisi, si è detto fiducioso del processo negoziale, martedì «le delegazioni di Qatar, Egitto e gli inviati del presidente Trump sono arrivati a Sharm el Sheikh e i messaggi che ho ricevuto da loro sono molto incoraggianti», ha detto Al Sisi, che ha invitato Trump in Egitto per firmare l’accordo nell’eventualità in cui fosse raggiunto, «sarebbe meraviglioso averlo qui» ha dichiarato Al Sisi. Anche Stati Uniti e Israele sembrano essere ottimisti sui risultati della negoziazioni, tanto che la Casa Bianca e il governo israeliano starebbero preparando la visita di Trump nello Stato Ebraico per festeggiare il successo del Piano per la pace.

Fonti di Hamas hanno comunicato che nel corso delle trattative il Movimento ha consegnato alla controparte israeliana la lista delle sue richieste e dei prigionieri di cui chiede la scarcerazione in cambio del rilascio degli ostaggi e, sempre a detta delle fonti palestinesi, «prevale l’ottimismo». Oltre alla liberazione dei detenuti Hamas avrebbe chiesto anche la restituzione della salme dei fratelli Sinwar, richiesta che Israele ha già rigettato più volte in passato. Se alcune delle parti sembrano essere fiduciose, il Qatar, a ben vedere dopo il raid su Doha, rimane scettico e chiede che Israele fornisca «forti garanzie internazionali scritte» come assicurazione che lo Stato Ebraico onori gli impegni assunti nel corso delle negoziazioni.

Nonostante il clima di collaborazione non sono mancate le tensioni. Il ministro per la Sicurezza nazionale di Israele, Itamar Ben Gvir, si è lanciato nell’ennesima provocazione, forse con la speranza di poter influire negativamente sulle trattative. Per l’undicesima volta, l’ultima è stata il 3 agosto scorso, il ministro dell’ultra destra israeliana si è recato sulla spianata delle Moschee per pregare a favore di telecamera, violando gli accordi stretti con la Giordania dopo la Guerra dei Sei giorni del 1967, secondo cui gli ebrei possono farvi ingresso solo a determinati orari e senza la possibilità di pregare. «In ogni casa di Gaza c’è una foto del Monte del Tempio», ha sbraitato Ben Gvir in un video diffuso sui social, «oggi due anni dopo (il 7 ottobre 2023 ndr) stiamo vincendo al Monte del Tempio. Ne siamo i proprietari. Prego solo che il nostro primo ministro ci porti a una vittoria completa, anche a Gaza, per eliminare Hamas, e per grazia di Dio riavremo gli ostaggi e otterremo una vittoria completa». Hamas in una nota ha definito l’iniziativa di Ben Gvir «una mossa deliberatamente provocatoria che riflette il pensiero fascista del governo israeliano».

Nel frattempo, mentre si tratta sulle coste del Mar Rosso, a Parigi i ministri degli Esteri dei Paesi europei e dei Paesi arabi si riuniranno domani alle 17 per discutere sul futuro di Gaza. Secondo quanto trapelato da fonti diplomatiche francesi «saranno discussi la forza internazionale di stabilizzazione, la governance transitoria di Gaza, gli aiuti umanitari e la ricostruzione, il disarmo di Hamas e il sostegno all’Autorità Nazionale Palestinese e alle forze di sicurezza palestinesi».

La riunione è il prosieguo dell’iniziativa promossa da Francia e Arabia Saudita che è culminata nella Dichiarazione di New York, adottata dall’Onu il 12 settembre scorso. Alla riunione dovrebbero partecipare Germania, Spagna, Italia e Regno Unito per la parte europea; mentre per la parte araba ci saranno Egitto, Qatar, Emirati Arabi Uniti e Giordania; nonché Indonesia, Canada e Turchia, che desiderano partecipare attivamente all’istituzione di una missione di stabilizzazione a Gaza dopo il cessate il fuoco. È prevista anche la aprtecipazione del segretario di Stato Usa, Marco Rubio.

Anche la Germania, che ospita la più numerose comunità palestinese d’Europa composta da circa 100mila persone, vuole ritagliarsi un ruolo di primo piano nel processo di ricostruzione della Striscia che avrebbe inizio dopo la stipula dell’accordo di pace tra Hamas e Israele.