PHOTO
È il 1992, la politica italiana inizia a tremare, investita dal terremoto Mani pulite, mentre dall’altra parte dell’Adriatico la Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia si sta sfaldando, erosa dai movimenti nazionalisti emersi in molte delle repubbliche che la componevano. L’anno precedente la Slovenia e la Croazia hanno dichiarato la propria indipendenza dando inizio alle prime guerre jugoslave. Il 1 marzo il governo bosniaco indice un referendum per l'indipendenza che, nonostante il boicottaggio da parte della popolazione serbo-bosniaca, raggiunge il 63,4% di affluenza e il risultato di 99,7% di voti favorevoli all’indipendenza, che verrà proclamata il 5 aprile successivo. Lo stesso giorno i serbi dichiararono l’indipendenza della Republika Srpska composta da regioni autonome serbe e diedero inizio all’assedio di Sarajevo che durerà 3 anni, 10 mesi, 3 settimane e 3 giorni - dal 6 aprile 1992 al 29 febbraio 1995 - durante i quali verranno uccise 11mila persone, di cui 2mila bambini. L’assedio di Sarajevo è stato il più lungo ad una città nella storia moderna, più lungo anche di quello di Stalingrado durante la seconda guerra mondiale. Nel complesso le vittime, stimate, della guerra civile sono state 100mila, di cui 40mila civili.
Sarajevo si trova a 700 metri di altitudine ed è adagiata in una valle circondata da montagne che degradano nelle colline che cingono il centro urbano. E su queste colline si appostavano i cecchini che sparavano indistintamente a militari e civili. Proprio sull’attività dei tiratori scelti lo scrittore Ezio Gavazzeni ha presentato un esposto alla Procura delle Repubblica di Milano il 28.01.2025. In particolare Gavazzeni segnala alla Procura che «durante il cosiddetto “assedio di Sarajevo”, tra il 1992- 96, dall’Italia, ma anche da altri Pesi europei ed extraeuropei, ricchi signori si facevano portare sulle colline intorno alla Capitale bosniaca e, per soldi, sparavano alla popolazione inerme. Questi signori erano chiamati i “cecchini del weekend”».
Come indicato da Gavazzeni nell’esposto la notizia aveva già iniziato a circolare già alla fine di marzo del 1995, e se ne trova traccia sui quotidiani italiani, prima di cadere nell’oblio. La notizia era tornata in superficie nel 2007, a seguito della testimonianza resa all’International Criminal Tribunal for the former Yugoslavia dall’ex vigile del fuoco americano John Jordan nell’ambito del processo al generale Ratko Mladic. Jordan venne colpito al petto nel 1994 mentre rispondeva a una chiamata per un incendio sulla linea del fronte della città, poco più a nord della zona di Grvabica, a quel tempo controllata dalle forze serbo- bosniache.
Nel corso della sua testimonianza disse di aver «assistito in più di un’occasione a persone che non mi sembravano persone del posto per il loro abbigliamento, per le armi che portavano, per il modo in cui venivano trattati, gestiti, cioè guidati dai locali. Ho visto questo a Sarajevo in diverse occasioni - prosegue Jordan - non ho mai visto uno di questi tiratori turistici sparare. Ho solo visto che venivano portati in posizioni di cecchino conosciute». Nonostante la testimonianza dell’ex pompiere statunitense però la notizia scivola di nuovo nell’oblio.
Su quanto accaduto nella capitale bosniaca durante l’assedio nel 2022 è stato girato il docu- film “Sarajevo Safari”, dal regista sloveno Miran Zupanic, presentato al Al Jazeera Balkans Documentary Film Festival tenutosi dal 9 al 13 settembre 2022. Dopo la visione del film l’ex sindaca di Sarajevo, Benjamina Karic, il 21 novembre 2022 ha presentato una denuncia penale all’Ufficio del Procuratore della Bosnia Erzegovina per accertare «tutti i fatti essenziali e rilevanti, e infine di perseguire le persone per le quali vi sono motivi di sospettare che abbiano commesso atti criminali». Ma ancora niente. Poi la svolta inattesa: a inizio novembre la Procura di Milano apre un fascicolo d’indagine per omicidio volontario plurimo aggravato, che vede anche la partecipazione dei Ros, anche se le indagini si preannunciano tutt’altro che semplici per gli inquirenti meneghini.
«Ogni giorno almeno 15 persone venivano uccise dai cecchini, non è iniziato con i turisti. All’inizio c’erano i soldati serbi, poi sono arrivati nazionalisti ed estremisti ortodossi da vari paesi come Grecia, Bulgaria, Russia, Ucraina e Bielorussia che non pagavano per uccidere ma lo facevano perché si sentivano investiti di una “missione”. Solo dopo hanno fatto la loro comparsa i turisti - a parlare è Mensura Burridge, giornalista saggista e poetessa bosniaca - Ho lasciato Sarajevo il giorno prima dell’inizio dell’assedio, nell’aria si percepivano già la paura e la tensione che hanno poi pervaso la città per i successivi tre anni. Ma sono riuscita a tenermi in contatto con le persone che erano rimaste intrappolate nell’assedio». «Ci sono tante persone - prosegue Burridge - che hanno vissuto quegli anni e non vogliono parlarne, per loro è come riaprire i punti di una ferita suturata che non si è mai chiusa del tutto, ed è doloroso. Puoi vedere un uomo di mezza età, tutto d’un pezzo, che scoppia in lacrime al solo ricordo di quello che ha visto e vissuto. I figli spesso non sanno cos’hanno passato i loro genitori».
Per questa ragione Burridge ha scritto un libro: “We the children of Sarajevo”, frutto di un lungo e difficile lavoro in cui ha raccolto le testimonianze di chi ogni giorno rischiava la vita anche solo per fare la spesa. Sul web esiste un sito: snipersalley. photo - segnalato al Dubbio da Burridge - che mutua il nome dato alle strade Ulica Zmaja od Bosne e Meša Selimovic Boulevard, che al tempo dell’assedio erano allineate con le posizioni dei cecchini. Il creatore è Dzemil Hodzic e ha aperto il sito nel 2019 con lo scopo di trovare fotografie del fratello, ucciso durante l’assedio, scattate da qualche fotografo di guerra. «Il nostro sito web è aperto a tutti, contattateci, condividete la vostra storia, fate una domanda e inviateci delle foto - si legge sul sito - Riguarda i fotografi di guerra. Riguarda mio fratello. Si chiamava Amel Hodzic. Frequentava il ‘liceo artistico’ di Sarajevo, nel 1995 era al secondo anno quando venne ucciso. 16 anni e 55 giorni. Forse qualcuno ha la sua foto. Forse qualcun altro sta cercando una foto o una persona di quei momenti sfortunati. Ci sono molti fotografi che hanno visitato la Bosnia durante la guerra, forse hanno qualche archivio non condiviso. Qualcosa che il mondo ha bisogno di vedere».


