La Russia rafforza il proprio posizionamento geopolitico su più fronti: dall’alleanza strategica con il Venezuela al conflitto in Ucraina, fino ai delicati negoziati in corso a Berlino che potrebbero aprire uno spiraglio verso il cessate il fuoco. Una linea che conferma la volontà di Mosca di difendere le proprie sfere d’influenza e, allo stesso tempo, di sedersi al tavolo diplomatico senza rinunciare alle rivendicazioni militari.

Mosca ribadisce il sostegno a Maduro

La Federazione Russa continua a sostenere apertamente il governo del presidente venezuelano Nicolas Maduro. A ribadirlo è stato Alexander Shchetinin, direttore del dipartimento latinoamericano del ministero degli Esteri russo, intervenendo al Forum giovanile russo-venezuelano. Secondo Shchetinin, Russia e Venezuela agiscono «in piena conformità con il trattato di partenariato strategico», firmato a maggio da Vladimir Putin e Maduro. Mosca, ha sottolineato, esprime «solidarietà al popolo venezuelano» e sostegno alla linea del governo di Caracas, finalizzata alla tutela della sovranità nazionale.

Il fronte ucraino e i limiti dell’offensiva russa

Sul piano militare, però, la guerra in Ucraina mostra criticità anche per la Russia. Gli analisti dell’Institute for the Study of War evidenziano come le forze russe non siano in grado di sfondare la cosiddetta “cintura fortificata” nel Donetsk senza sguarnire altri settori del fronte.

Per conquistare città strategiche come Slovyansk e Kramatorsk, Mosca dovrebbe concentrare uomini e mezzi su un unico quadrante, rinunciando all’idea di avanzamenti simultanei lungo tutto il fronte. Una difficoltà aggravata dai problemi di reclutamento e dalla produzione di equipaggiamenti, che non procede al ritmo necessario. Secondo il think tank, le rivendicazioni territoriali russe su aree non ancora occupate servirebbero proprio a compensare l’impossibilità di ottenerle militarmente nel breve periodo.

Attacchi incrociati e guerra dei droni

Nelle ultime ore, la guerra ha conosciuto una nuova escalation. Un attacco missilistico ucraino ha colpito la città russa di Belgorod, causando gravi danni alle infrastrutture, inclusa la centrale termo-elettrica “Luch”. Mosca ha risposto segnalando l’abbattimento di 130 droni ucraini, di cui almeno 25 diretti verso l’area di Mosca. Gli attacchi hanno costretto le autorità a imporre restrizioni temporanee agli aeroporti di Domodedovo e Zhukovsky. Nella regione di Zaporizhzhia, secondo fonti russe, due persone sarebbero rimaste uccise nei raid di Kiev.

L’allarme europeo: «Il Donbass non è l’obiettivo finale»

Da Bruxelles arriva un monito netto. L’Alta rappresentante dell’Unione europea Kaja Kallas ha avvertito che, se la Russia dovesse conquistare il Donbass, «procederebbe sicuramente a prendere l’intera Ucraina», mettendo a rischio anche altre regioni. Secondo Kallas, le garanzie di sicurezza per Kiev non possono essere semplici promesse: servono “truppe vere e capacità reali” per impedire nuove aggressioni. Un messaggio che rafforza la linea europea di sostegno militare e politico all’Ucraina.

Berlino, nodo centrale dei negoziati

In questo contesto complesso, Berlino emerge come fulcro diplomatico. Il ministro degli Esteri tedesco Johann Wadephul ha affermato che i colloqui sull’Ucraina «non sono mai stati condotti con tanta serietà come ora». Secondo Wadephul, l’eventuale disponibilità del presidente ucraino Volodymyr Zelensky a rinunciare all’adesione alla Nato in cambio di garanzie di sicurezza e di negoziati basati sull’attuale linea del fronte potrebbe rappresentare una base «accettabile» anche per Mosca.