Esiste un metodo quasi infallibile per capire se una nuova tecnologia è davvero innovativa: quando qualcuno fonda una lega o un movimento per abolirla. Accadde ai telai meccanici, ai treni, alle automobili, all’energia elettrica ai telefoni, al cinema, alle radio, ai televisori, ai computer e perfino agli ascensori. La storia dell’umanità è, in fondo, anche una successione di meravigliose invenzioni e di tenaci iniziative per impedirne l’uso. Dialettica eterna: da una parte l’inventore con la sua lampadina, dall’altra una solida schiera di persone convinte che quella stessa lampadina sia opera del demonio.

Tutto inizia con i Luddisti, il più celebre movimento anti-tecnologico della storia. Capeggiati dal mitico – e probabilmente immaginario – Ned Ludd, gli operai inglesi del tessile alla fine del diciottesimo secolo si organizzarono in veri e propri “eserciti notturni” che distruggevano i nuovi telai a colpi di martello. Non era un capriccio poetico: temevano di perdere il lavoro ed contestavano lo sfruttamento capitalista, ma aggiungevano motivazioni degne di un dramma elisabettiano, c’è chi disse che il telaio «uccideva la generosità delle mani». Il governo del primo ministro Spencer Perceval rispose con ferocia, varando una legge che rendeva la rottura di macchine un reato punibile con la morte.

Quando arrivarono i primi treni sempre in Inghilterra circolavano opuscoli che sostenevano che la velocità ferroviaria potesse «separare gli organi interni», mentre negli Stati tedeschi alcuni proprietari terrieri istituirono comitati locali per bloccare la costruzione delle linee, tra cui gruppi contrari alla Ludwigsbahn di Baviera. A Bologna, un medico ammonì che l’arrivo del treno avrebbe «snaturato il carattere dei cittadini». Pare che una contadina dello Yorkshire avesse urlato, vedendo passare la locomotiva: «Le mucche non faranno più il latte!».

L’avvento dell’automobile provocò ancora più fervide opposizioni. A Boston nacque la Anti- Automobile Society, convinta che le auto fossero un pericolo sociale; in tutti Stati Uniti sorsero diverse Anti-Auto Leagues per vietarne l’uso. In Massachusetts si sosteneva che fossero un pericolo per «la salute pubblica e la tranquillità delle famiglie». Un rapporto del 1904 affermava che l’automobile «induce gli uomini a viaggiare senza alcuna necessità, con costi morali e materiali insostenibili» pretendendo che venissero spenti i motori in presenza di bestiame. In alcune città inglesi si esigeva che un uomo a piedi precedesse ogni auto segnalandola con una bandiera rossa.

L’elettricità, poi, scatenò un’ondata di panico quasi mistica contro la nuova “minaccia sovrannaturale”: nel 1883 a Parigi i primi lampioni installati nei boulevard furono presi di mira da gruppi contrari alla modernizzazione, che li colpivano con pietre e bastoni. La protesta venne attribuita agli operai del gas, ma anche a residenti convinti che le nuove luci avrebbero «svegliato gli animali e rovinato il ciclo lunare». L’introduzione delle lampade ad arco per l’illuminazione stradale e della corrente alternata provocò inizialmente diversi incidenti, cortocircuiti, elettrocuzioni, morti dovute a linee non isolate o mal gestite, alimentando allarmi e anatemi. Più di un sacerdote ammonì che la luce elettrica potesse prolungare artificialmente il giorno, sfidando l’ordine divino.

Agli albori del cinema, invece, si formarono associazioni come la National Legion of Decency, che vedeva nelle sale cinematografiche un «acceleratore di immoralità», si temeva che la finzione potesse sostituire la realtà, che i giovani scambiassero gli attori per modelli da imitare o, peggio, che si appassionassero a storie di fantasia invece di frequentare le scuole e le biblioteche.

Contro la radio invece, insorsero per motivi più pragmatici gli editori della carta stampata, convinti che il nuovo mezzo avrebbe rapidamente soppiantato riviste e giornali.

Anche l’avvento del telefono suscitò ondate di proteste a Rochester (New York), nel 1886, più di ottocento abbonati decisero che il congegno era una tortura e lo boicottarono in massa: per mesi la città rimase in silenzio, le linee inutilizzate, i centralini deserti. In Gran Bretagna, critici e utenti riluttanti denunciarono la violazione della privacy, il rischio che chiunque potesse chiamarti senza preavviso, alterando l’equilibrio tra sfera pubblica e privata.

Persino l’ascensore fu accolto da un’opposizione sorprendentemente robusta. Negli Stati Uniti quando negli anni cinquanta i nuovi grattacieli volevano introdurre ascensori senza personale, si scatenarono scioperi paralizzanti. Alcuni giornali raccontano di lavoratori che rifiutavano di salire negli elevatori automatici perché «privi di giudizio umano».

Arrivò poi la televisione, accusata da generazioni pedagogisti e associazioni genitoriali di “corrodere il pensiero”. Una delle più note fu la Parents Television Council, che ancora oggi vigila sul contenuto ritenuto diseducativo. Negli anni Sessanta un giornale americano pubblicò la lettera di un padre convinto che la TV «stesse mangiando la volontà dei bambini».

E la calcolatrice? Negli anni Settanta molte scuole americane istituirono vere correnti interne “anti-handheld calculator”, convinte che le macchinette elettroniche avrebbero azzerato la capacità di ragionamento. Alcuni presidi vietarono l’uso delle calcolatrici portatili, definendole «scorciatoie morali».

Infine, il computer. Qui le resistenze furono organizzate e capillari: nacquero comitati sindacali contro l’automazione, gruppi accademici che firmavano manifesti come l’Anti-Computerization Movement, convinti che il computer fosse un “nemico sociale travestito da ufficio efficiente”. Nel 1979 un impiegato di Los Angeles denunciò il proprio terminale perché “mi guarda male quando digito”.

E così arriviamo al presente, dove il neo-luddismo contro l’intelligenza artificiale prende nuova forma. Non c’è ancora una vera “Anti-AI League”, ma il tono è lo stesso di sempre: timori per la perdita del lavoro, della creatività, dell’identità, della socialità.

Fa impressione vedere come la storia si ripeta con la puntualità di un algoritmo: ogni invenzione porta con sé un controcanto fatto di ansie, comitati, allarmi apocalittici.

Il punto non è deridere queste paure: sono profondamente umane, e spesso persino sensate. Ogni tecnologia infrange equilibri e costringe l’intera società a ridefinirsi. Ma, guardando indietro, appare chiaro quanto sia esagerato pensare che un’invenzione – qualsiasi invenzione – possa annientarci solo perché non siamo ancora in gradi di capirla e utilizzarla al meglio.

Se abbiamo superato l’angoscia per il treno che “sfalda gli organi” e per la lampadina “troppo brillante per essere sana”, sopravviveremo anche al brivido della macchina pensante.