Il colore prevalente è stato il rosso vivo, la canzone intonata dal palco, oltre a “Bella Ciao”, è stata un canto anarchico “nostra patria è il mondo intero, la nostra legge la libertà ed un pensiero ribelle in cuor ci sta”.

Una “Sinistra” orfana e disperata ha cercato un suo momento di unità intorno a Mimmo Lucano e l’ha trovata nel momento in cui Egli è stato incarcerato. Qualcosa di simile, a sinistra, non avveniva da tempi immemorabili, forse da Pietro Valpreda. Nessuna bandiera del PD, pur presenti con dirigenti regionali ma con scarsi militanti e nessun amministratore. Molte le bandiere della Sinistra radicale in tutte le sue declinazioni. Presenti, tra gli altri, Laura Boldrini cittadina onoraria di Riace, Luciana Castellina, e perfino un anziano Oreste Scalzone. Una manifestazione decisamente innocentista ma non garantista e, proprio perché tale, senza alcuna intenzione di fare i conti con la propria storia e la propria sconfitta. Incapace persino di fare autocritica per quante volte ha invocato le manette pur in assenza di un giusto processo.

Questo è stato il limite più evidente della manifestazione di Riace. Il pugno chiuso e deciso di Mimmo Lucano ha dato ai manifestanti l’orgoglio perduto, le certezze smarrite, un modello provvisorio a cui aggrapparsi nel momento in cui l’onda nera sembra abbattersi sull’Italia e l’Europa.

Per chi in questo mondo si è sempre aggirato è stata una manifestazione bella e generosa ma di una minoranza pronta all’esilio in Patria e ad invocare la propria diversità ( e superiorità) come tratto caratteristico di una aristocrazia senza popolo.

Un atteggiamento da élite autoreferenziale che mina alle basi il concetto stesso di “uguaglianza” tra cittadini e volendo usare le parole del Papa non appartiene ad «una classe sociale ma è uno stato dell’anima». E lo dimostra anche il fatto che nessuno sembra ricordarsi di Lem Lem, una ragazza etiope arrivata in barca 12 anni fa con una bambina di un anno e la sorella morta durante la traversata e per cui era stato chiesto l’arresto.

Dalla manifestazione è scomparsa la questione meridionale nel cui contesto va incasellato la vicenda di Riace. Messo in ombra il dramma della marginalità sociale che il governo intende gestire con le pistole elettriche, con più forze dell’ordine, con l’uso indiscriminato delle manette e con le ordinanze contro gli “straccioni”, i “mendicanti”, gli “zingari” ed i migranti.

Nonostante la comprensibile ostilità della piazza è evidente che quanto è successo al sindaco Lucano non può essere ricondotto a “Salvini” anche perché l’inchiesta è iniziata due anni fa e le carte sono state trasmesse al GIP ben prima che si insediasse l’attuale governo. Molto più credibile ricondurre la vicenda giudiziaria alla natura dello “Stato” che in Calabria attiva, ed in maniera pesante, la sola leva repressiva co- me antidoto alla mancata risoluzione dei problemi. Inoltre il “caso Lucano” non può essere scisso dal fatto che, nell’estremo Sud, migliaia di innocenti vengano arrestati come certificato dalle sentenze della Corte di appello di Catanzaro, che i consigli comunali vengano sciolti, le imprese interdette, i locali chiusi.

Il Sud è già una democrazia illiberale da tempo e probabilmente la Calabria è scivolata ad un gradino decisamente più basso anche perché la repressione “legale” sostituisce la violenza fisica e la tortura è sostituita dalle galere. Ed a ciò probabilmente si riferisce Mimmo Lucano quando dice “sono un fuorilegge perché mi riconosco nella Costituzione”. Ed in Calabriain nome della legge- la Costituzione è fatta in mille pezzi ovunque: negli ospedali come nei tribunali. Mimmo Lucano ha trovato nel GIP “un giudice a Berlino”, un magistrato che ha letto le carte e deciso secondo i principi della Costituzione e di Umanità ed è stato fortunato perché in questa terra la presunzione di innocenza è stata seppellita da molto tempo.

Chiunque conosca la Calabria sa nella regione comanda un potere oscuro che si annida anche nei gangli vitali dello Stato oltre che nella criminalità organizzata, fino al punto che finanche l’innocente fiction di Fiorello su Riace viene percepita come un pericolo che bisognava bloccare a tutti i costi da chi ci guazza nella Calabria crocefissa alla dimensione criminale. Questo aspetto riguarda i manifestanti di Riace ma anche chi si sente distante dalle bandiere rosse e dal pugno chiuso.

Quella che si combatte a Riace non può essere una battaglia riconducibile alla sola Sinistra ma una lotta che riguarda tutti perché la posta in gioco è l’integrità della Costituzione, la libertà di ognuno, la democrazia per tutti. Oggi riguarda Mimmo Lucano come ieri ha riguardato il vescovo Bregantini e sempre il destino di una Regione dove sempre più si uccidono le “favole” e si moltiplicano gli incubi.