Il Partito democratico è pronto alle barricate perché il governo ritiri il decreto rave, o quantomeno si arrivi a un miglioramento. Al tempo stesso, giudica pericoloso il rinvio dell’entrata in vigore della riforma Cartabia (ma ci arriveremo). E però non dice nulla sulla presidente del Consiglio che sfida la Consulta sull’ergastolo ostativo, perché in fondo «Meloni si è ricreduta e il testo già approvato dalla Camera per noi è positivo».

È tutta qui la contraddizione di un partito nato sotto l’insegna del garantismo e che dopo quindici anni, nel pieno di una crisi dettata dal peggior risultato di sempre alle Politiche, o giù di lì, non riesce s brogliare la matassa. Così da risultare in alcune sue anime persino giustizialista, inseguendo l’alleato- non alleato grillino sulle tematiche a lui più care. Ma andiamo con ordine e partiamo dal decreto rave, del quale più di un pezzo da novanta dell’apparato dem esperto di giustizia invoca il ritiro.

«La parte del decreto che riguarda i rave party è scritta con i piedi e rischia interpretazioni molto più estese - spiega al Dubbio Franco Mirabelli, già capogruppo dem in commissione Giustizia al Senato - Per questo abbiamo chiesto di ritirarla e questa resta la nostra posizione». Non solo. Secondo Mirabelli il testo potrebbe tradursi in un collasso della maggioranza già in sede di conversione parlamentare. «Mi pare evidente - aggiunge - che quella norma così come è scritta abbia aperto contrasti evidenti all’interno della maggioranza e non può sfuggire che la pena di sei anni apre le porte alle intercettazioni che gran parte del centrodestra vorrebbe escludere anche per reati ben più gravi».

Sulla stessa lunghezza d’onda Walter Verini, tesoriere del partito e già capogruppo dem della commissione Giustizia di Montecitorio, secondo il quale sul decreto rave «il governo si è accorto di aver fatto un obbrobrio» e per questo «stiamo lavorando a un emendamento soppressivo. Secondo Verini la norma è pericolosa perché «limita le libertà e rischia di colpire manifestazioni pacifiche che nulla hanno a che vedere con i rave». Per poi invitare il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, «a leggere l’intervista ad Armando Spataro uscita ieri e rifletterci molto, molto bene».

Il grande non detto è infatti il rapporto tra l’opposizione e Nordio. In linea teorica, il centrosinistra potrebbe approfittare del carattere garantista del Guardasigilli per sostenerlo e aprire una crepa nella maggioranza ma tale eventualità si scontra con due dati di fatto: il primo è che al momento Nordio ha sostenuto e anzi rivendicato le iniziative prese dal governo; il secondo è non tutto il Pd, anzi, ha volontà di farlo. A partire dall’ergastolo ostativo.

«Se le dichiarazioni di Nordio a Rebibbia significano che intende muoversi in continuità con le cose fatte dalla Cartabia nei mesi scorsi troverà il sostegno anche dell’opposizione - ragiona Mirabelli - Ma avendo sentito anche Meloni in Parlamento non credo che la maggioranza sia su quella linea: in ogni caso, il testo sull’ostativo «può essere migliorato e forse presenteremo qualche emendamento, ma sostanzialmente lo consideriamo un testo positivo a cui abbiamo lavorato e che abbiamo già migliorato» .

Di possibili aperture parla invece Alfredo Bazoli, già membro dem in commissione Giustizia alla Camera nella scorsa legislatura e oggi senatore. «Sull’ostativo bisogna capire quanto c’è effettivamente di combaciante rispetto alla proposta approvata alla Camera la scorsa legislatura - dice raggiunto telefonicamenre - Quel testo fu il frutto di una mediazione che ritenemmo accettabile ma l’impressione è che se verrà modificata sarà fatto in maniera ancora più rigorosa: a quel punto dovremo opporci con forza» Ma secondo Bazoli il Pd dovrebbe comunque provare a migliorare il testo in direzione garantista. «Vedremo se ci saranno spazi per un maggiore equilibrio tra la necessità di garantire la lotta alla mafia e i diritti dei detenuti anche per quei tipi di reati».

Il punto che mette tutti d’accordo è l’errore del rinvio sulla Cartabia. «L’impreparazione degli uffici mi pare una giustificazione un po’ deboluccia», scandisce Bazoli. Al quale fa eco Verini. «C’è il rischio - chiosa - che nell’iter di conversione qualcuno potrebbe aver voglia di rimettere in discussione gli architrave della legge Cartabia a partire da l principio della giustizia ripartiva e norme che contrastano il funzionamento delle carceri: Nordio deve evitarlo».