Le mancate congratulazioni da parte dei leader occidentali all’eterno presidente della Federazione Russa per la vittoria nella competizione elettorale, e le sottolineature che l’elezione di Putin non abbia rispettato i crismi delle regole democratiche, non possono cancellare una realtà difficile da digerire per l’opinione pubblica europea, ossia la circostanza che una larga parte della popolazione russa effettivamente appoggia Putin, e ne condivide le scelte, compreso l’attacco all’Ucraina.

Lo dimostrano i numeri, ossia la percentuale di affluenza (77,44%, record dal 2000) e quella di scelta del candidato Vladimir I (87,28%, anche essa record), che a questo punto archiviano quella lettura della realtà che i vertici dell’Ue e dei paesi membri avevano cercato di far passare all’indomani dell’invasione dell’Ucraina, ovvero che si era in presenza di un dittatore cattivo ( Putin), e di una popolazione buona ( i russi). Anche al netto di possibili brogli elettorali, 76 milioni di voti, più della metà della popolazione (146 milioni), sono oggettivamente la prova di un consenso reale.

A questo punto resta da chiedersi: perché i russi si identificano in Putin? Chi ha avuto occasione di interagire con i russi per molti anni, anche grazie alla conoscenza della loro lingua ( come chi scrive), avrà probabilmente notato che, quando se ne presentava l’occasione, i russi hanno sempre mostrato un notevole orgoglio nazionale, frutto in parte della non dimenticata epoca sovietica, quando a Mosca guardavano molti Paesi del mondo, per scelta o per obbligo ( come i Paesi dell’Europa orientale).

I russi che hanno più di 40 anni, che quindi hanno assaggiato per poco o per tanto il regime comunista, hanno subito un imprinting psicologico di nazionalismo, che il passaggio all’economia di mercato, e l’integrazione nella civiltà occidentale (da cui hanno cominciato a dipendere dal punto di vista culturale, economico, turistico, e tecnologico) ha assopito, ma non cancellato. Non è un caso che tra gli scontenti del regime di Putin ci siano principalmente i giovani, e soprattutto quelli di maggior cultura ed esperienza internazionale.

Putin, grazie ad una innegabile capacità propagandistica, è riuscito gradualmente a riaccendere questo sentimento nazionalistico, di cui oggi i russi si imbevono con piacere, come fecero i tedeschi negli anni trenta del secolo scorso, che si sentirono di nuovo importanti con la retorica hitleriana della superiorità della razza ariana, dopo la sconfitta nella prima guerra mondiale.

Non è un caso d’altronde che Putin e il suo entourage facciano continuo riferimento all’Urss, ricordato come il momento migliore della storia russa ( dimenticando le privazioni materiali e le eliminazioni sistematiche di tutti coloro che avevano la sfortuna di diventare invisi alla nomenklatura staliniana), e la conquista dell’Ucraina costituisce, al di là delle farneticanti motivazioni di eliminazione dei nazisti locali, il primo e il più importante tassello per realizzare questo sogno di rifondazione dell’impero russo, anche se non più comunista.

Su questo substrato di retorica del nazionalismo, si innesta una ulteriore motivazione per cui i russi guardano a Putin con riconoscenza, ed è il miglioramento delle condizioni economiche, o, più precisamente, la convinzione che oggi in Russia si stia bene grazie a Putin.

Se è vero che all’indomani della sua prima nomina a presidente della Federazione russa nel 2000, Putin riuscì a stabilizzare un Paese che negli anni precedenti con Eltsin era stato a dir poco caotico, oggi i russi ritengono di disporre di servizi pubblici di qualità (istruzione, sanità, trasporti) per effetto della gestione sagace da parte di Putin, e non importa che tutto questo sia possibile grazie al flusso di denaro ottenuto con la vendita delle materie prime, la cui esistenza non è certo un merito di Putin.

Il fatto che il russo medio non abbia sentito più di tanto gli effetti delle sanzioni occidentali è diventato per la popolazione un ulteriore motivo di riconoscenza verso il loro leader, e la prova che la Russia è più forte di tutti gli altri Paesi.

Al riguardo va detto che il buonismo europeo, che ha portato a sanzionare solo pochi individui e società russe, e non l’intera collettività soggetta a Vladimir, ha paradossalmente rafforzato quest’ultimo, invece di indebolirlo. E, ciò che è peggio, ormai i russi si sono galvanizzati, e sono convinti di poter fare qualunque cosa, come accadde con il popolo tedesco di un secolo fa, con i risultati che tutti noi conosciamo.