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Trucks carrying humanitarian aid drive through Khan Younis, in the southern Gaza Strip, Monday, Oct. 20, 2025. (AP Photo/Jehad Alshrafi)
Pace in bilico in Medio Oriente. Ieri, verso le 10:30, ora locale, due soldati delle Idf sono stati uccisi e altri tre sono rimasti feriti in un attacco avvenuto a sud di Rafah, nelle vicinanze della Salah al Din road, arteria che collega il nord e il sud della Striscia. Immediato è arrivato il rimpallo di responsabilità sulla violazione del cessate il fuoco tra Israele e Hamas, che ha riferito di aver condotto un’azione militare contro le Forze popolari, milizia beduina guidata da Yasser Abu Shabab, sostenuta dallo Stato ebraico, e non contro i militari delle Idf.
L’esercito israeliano ha dichiarato che si trovava nella zona per distruggere le infrastrutture militari di Hamas, come previsto dalla prima fase dell’accordo di pace, quando si è trovato sotto il fuoco di cecchini e lanciarazzi. Il ministro della Sicurezza nazionale israeliano, Itamar Ben Gvir, non ha perso l’occasione e in una nota ha chiesto «al primo ministro di ordinare alle Forze di Difesa Israeliane di riprendere i combattimenti su vasta scala nella Striscia a pieno regime. La falsa convinzione che Hamas cambierà idea, o che rispetterà l’accordo firmato, si sta rivelando, prevedibilmente, pericolosa per la nostra sicurezza - ha proseguito Ben Gvir - Questa organizzazione terroristica nazista deve essere completamente distrutta, e prima lo sarà, meglio sarà».
L’appello non è caduto nel vuoto. Le Idf hanno ripreso i raid aerei nel sud e nel centro della Striscia provocando 35 morti. «Abbiamo sganciato 153 tonnellate di bombe su diverse parti della Striscia di Gaza dopo che due dei nostri soldati sono stati uccisi da Hamas», ha dichiarato il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. Ben Gvir però non si è placato e ha minacciato di far cadere il governo se la Knesset non approverà il disegno di legge, da lui voluto, che introduce la pena di morte per i terroristi.
Il leader di Otzma Yehudit ha inoltre ribadito la sua richiesta a Netanyahu di proseguire la guerra a Gaza e distruggere militarmente Hamas, dichiarando che se il governo non intende smantellare Hamas, «smantellerò io il governo». Bordate a Netanyahu sono arrivate anche dall’opposizione. «Abbiamo bombardato l’Iran - ha detto il leader dell’opposizione Yair Lapid rispondendo a Netanyahu che nel suo intervento ha difeso la sue gestione della guerra a Gaza - ma chi era il primo ministro quando l’Iran ha accumulato il suo potere? Hezbollah ha 150.000 missili. Chi era il primo ministro quando Hezbollah ha accumulato 150.000 missili? Abbiamo vinto la guerra. Ma chi era il primo ministro il 7 ottobre?».
«Il tentativo di Netanyahu di eludere i suoi impegni avviene sotto la pressione della sua coalizione terroristica, mentre cerca di sottrarsi alle responsabilità dei mediatori», ha dichiarato Izzat al-Risheq, alto funzionario del Movimento islamista palestinese. Inoltre, sempre come risposta all’attacco subito in mattinata, domenica sera le Idf hanno bloccato il flusso di aiuti umanitari all’interno dell’enclave senza darne preventivamente avviso. La consegna degli aiuti è però ripresa nella mattinata con la riapertura del valico dopo che, secondo quanto riportato dal Jerusalem Post, Netanyahu avrebbe ricevuto pressioni dagli Stati Uniti.
L’ingresso degli aiuti nella Striscia è infatti uno dei punti cruciali della prima fase dell’accordo di pace e la sospensione delle consegne potrebbe innescare un domino pericoloso. Rimane chiuso invece il valico di Rafah che collega la Striscia all’Egitto. Dopo gli scontri di domenica nel sud della Striscia con nuovi conflitti a fuoco che hanno provocato due morti tra le fila dei miliziani, sono stati registrati nella zona est di Gaza city nel quartiere Shejaiya. «Le forze israeliane hanno aperto il fuoco sui terroristi che hanno attraversato la Linea Gialla per rimuovere la minaccia per le truppe», hanno dichiarato fonti delle Idf.
L’inviato speciale Usa per il Medio Oriente, Steve Witkoff, e Jared Kushner sono tornati in Israele per proseguire i colloqui che dovrebbero portare alla fase successiva del piano di pace. Oggi saranno raggiunti dal vicepresidente Usa JD Vance che incontrerà Netanyahu e altri funzionari israeliani. Contemporaneamente una delegazione di Hamas si è recata al Cairo per incontrare funzionari di Egitto e Qatar e discutere sulle azioni da intraprendere a seguito dei nuovi scontri nella Striscia. Prima di recarsi nello Stato Ebraico i due hanno dato un’intervista al programma televisivo statunitense 60 minutes della Cbs. «Il messaggio più importante che abbiamo cercato di trasmettere alla leadership israeliana è che, ora che la guerra è finita, se si vuole integrare Israele nel Medio Oriente più ampio, bisogna trovare un modo per aiutare il popolo palestinese a prosperare e a migliorare», ha detto Kushner nel corso dell’intervista mentre Witkoff ha svelato un retroscena delle trattative.
Witkoff nel corso di una conversazione con Khalil al-Hayyaun, alto funzionario di Hamas il cui figlio è stato ucciso nell’attacco israeliano a Doha, ha dichiarato di aver «espresso le mie condoglianze per la morte di suo figlio, gli ho detto che anch’io ho perso un figlio e che siamo entrambi membri dello stesso terribile club: genitori che hanno seppellito i propri figli». Kushner ha aggiunto che «quando Steve e lui (al-Hayya) hanno parlato dei loro figli, si è passati dal negoziare con un’organizzazione terroristica al vedere due esseri umani che mostrano una sorta di vulnerabilità reciproca».


