La riforma approvata nel 2019 per cui viene esclusa la possibilità per gli imputati accusati di reati punibili con lergastolo di optare per il rito abbreviato «non viola il diritto costituzionale di difesa, ben potendo il legislatore escludere laccesso a determinati riti alternativi agli imputati di reati particolarmente gravi, come quelli puniti con lergastolo». Lo sottolinea la Corte costituzionale, nella sentenza, depositata oggi e scritta dal giudice Francesco Viganò, nella quale spiega perché, il 18 novembre scorso, ha dichiarato «non fondate» le questioni di legittimità sollevate sulla norma in esame. La Corte, nella sua sentenza, ha osservato anche che «non esiste un diritto dellimputato a ottenere la celebrazione del processo "a porte chiuse" a tutela della sua dignità e riservatezza. Il principio della pubblicità del processo, specialmente per i reati più gravi, costituisce infatti non solo una garanzia soggettiva per limputato, ma anche un connotato identitario dello Stato di diritto, a tutela dellimparzialità e obiettività dellamministrazione della giustizia, sotto il controllo dellopinione pubblica». Infine, nella sentenza si sottolinea che «la riforma non comporta necessariamente leffettiva condanna allergastolo dellimputato giudicato colpevole in esito al dibattimento, dal momento che la Corte dassise ha sempre la possibilità di riconoscere in suo favore lesistenza di circostanze attenuanti che possono comportare lapplicazione di una pena inferiore».