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Nuova tensione istituzionale in Libia, dove il primo ministro del Governo di unità nazionale Abdulhamid Dabaiba e il presidente dell’Alto consiglio di Stato Mohamed Takala hanno ribadito il loro rifiuto assoluto dell’attivazione della legge che istituisce una Corte costituzionale suprema con sede a Bengasi. La norma, approvata dalla Camera dei rappresentanti dell’est, viene definita una misura imposta unilateralmente e priva di consenso nazionale.
In un comunicato diffuso dall’Alto consiglio di Stato, si sottolinea che la Corte suprema di Tripoli aveva già dichiarato incostituzionale il provvedimento, contestando i rischi per l’unità e la stabilità del Paese. La nuova legge viene descritta come «arbitraria» e accusata di minare la sovranità e l’indipendenza del potere giudiziario, pilastro fondamentale dello Stato di diritto in Libia.
Il no anche dai saggi e dagli anziani
In un incontro separato, Takala ha ricevuto una delegazione del Consiglio dei saggi e degli anziani, che ha espresso lo stesso rifiuto verso l’attivazione della Corte di Bengasi. Per i rappresentanti tribali, la decisione viola il principio di consenso tra i due organi legislativi previsto dagli accordi politici e ignora la sentenza che ha già annullato la legge istitutiva.
Anche in questo caso, viene evidenziata la natura «illegittima» della nuova corte, accusata di rappresentare una minaccia per l’unità nazionale e per l’indipendenza delle istituzioni giudiziarie.
Lo scontro giuridico rispecchia la spaccatura politica tra ovest e est, che da anni caratterizza la Libia post-Gheddafi. Nel 2023, il Parlamento di Tobruk ha creato una nuova Corte costituzionale a Bengasi, sostituendo di fatto la sezione costituzionale della Corte suprema di Tripoli, ritenuta invece l’unica legittima dalle autorità dell’ovest.
La Corte di Bengasi, dal canto suo, rivendica piena legalità in virtù della legge n. 5 del 2023 e respinge ogni accusa di parzialità. In una lettera alla rappresentante ONU Hanna Tetteh, ha giudicato «inaccettabile» parlare di due giurisdizioni parallele, affermando di esercitare regolarmente le proprie funzioni. Tuttavia, l’esistenza di due poteri giudiziari rivali e mutuamente esclusivi rischia di allargare ulteriormente la frattura istituzionale e di destabilizzare il fragile equilibrio del Paese, già segnato da intese politiche deboli e dalla costante ingerenza di attori internazionali.


