Un intervento per la liberazione di tutti i prigionieri politici in un Iran sferzato dalla repressione e dal Covid. A cominciare dall’avvocata e attivista per i diritti umani Nasrin Soutudeh, condannata a n a 33 anni di carcere e a 148 frustate. «Profonda preoccupazione» arriva infatti dall’Alto Commissario Onu per i diritti umani, Michel Bachelet, per la situazione in cui si trovano attivisti per i diritti umani, avvocati - Nasrin Sotoudeh per prima - e prigionieri politici in carcere in Iran. Preoccupazione unita alla denuncia secondo cui le misure adottate dalle autorità iraniane per contenere la diffusione del virus «sono state utilizzate in modo discriminatorio contro questo gruppo specifico di detenuti».

Da febbraio le autorità iraniane hanno concesso «rilasci temporanei» per ridurre il sovraffollamento nelle carceri e contenere i rischi di contagio ( l’Iran ha confermato quasi 480.000 casi di Covid- 19 e oltre 27.000 morti). Ne avrebbero beneficiato, secondo i dati ufficiali, circa 120.000 detenuti. Ma ora sarebbe tutto sospeso e molti detenuti sarebbero tornati in carcere. In particolare i detenuti politici non hanno beneficiato di alcuna agevolazione per la pandemia; per il regime degli ayatollah si tratta infatti di detenuti “simbolici” la cui prigionia serve ad esercitare pressione su tutte le voci critiche che si alzano dalla società iraniana, E comunque sono rimasti esclusi i detenuti condannati a più di cinque anni di reclusione per reati contro la «sicurezza nazionale» fa notare ancora Bachelet.

Condanne spesso inflitte a persone «arrestate in modo arbitrario», anche e soprattutto «attivisti per i diritti umani, avvocati, cittadini con la doppia nazionalità o stranieri», e altre persone «private della loro libertà di esprimere le proprie opinioni o esercitare i propri diritti». Vittime di accuse montate ad arte e condannate in seguito a processi farsa decisi ancora prima che inizino le udienze in cui gli imputati non possono nemmeno esercitare il diritto ad avere una difesa legale. «Sono turbata nel vedere come queste misure volte a contenere la diffusione del Covid- 19 vengano usate in modo discriminatorio contro questo gruppo di detenuti in particolare - ha proseguito Bachelet - Le persone detenute solo per le loro opinioni politiche o altre forme di attivismo a sostegno dei diritti umani non dovrebbero essere in carcere e questi detenuti non dovrebbero assolutamente essere trattati in modo più severo o essere esposti a maggiori rischi». «Esprimere il dissenso non è reato - ha incalzato - È un diritto fondamentale che deve essere protetto e difeso».