Lo stemma che occhieggia sulle divise non lascia spazio a grandi dubbi: un wolfsangel, un “gancio di lupo” o una runa rovesciata, praticamente lo stesso simbolo della Seconda divisione delle SS Panzer- Das Reich adattato al campo giallo-blu della bandiera ucraina. Anche il sole nero sullo sfondo proviene dalla simbologia mistica nazista, una svastica irradiante e arrotondata.

Stiamo parlando famigerato battaglione Azov, l’argomento principale utilizzato da Vladimir Putin quando ha detto di voler «denazificare» l’Ucraina e ripetuto a pappagallo dai suoi tanti fan occidentali. Ma davvero l’esercito di Kiev è l’inquietante covo di nazisti descritto dal Cremlino e dai suoi improvvisati uffici stampa europei? Ovviamente no, ma per capirlo bisogna misurare la consistenza militare e l’influenza politica del battaglione Azov nella società ucraina facendo un passo indietro di otto anni, nel 2014, quando scoppia la guerra in Donbass: i separatisti russofoni sono volitivi e organizzati e, per non venire sopraffatto come è accaduto in Crimea, l’esercito ucraino autorizza la creazione di corpi di volontari da affiancare alle forze armate.

Ad arruolarsi tanti giovani nazionalisti, tra di loro diversi militanti di estrema destra che provengono dal mondo degli ultras dello Shaktar Donetsk e da ambienti paramilitari. I più estremisti formeranno il battaglione Azov dal nome del mare che bagna il sud est del Paese. Il suo fondatore Andreï Biletski, leader del partito Corpo Nazionale è uno xenofobo antisemita ammiratore di Adolf Hitler. È stato lui a dirigere l’offensiva per la vittoriosa riconquista di Mariupol nel giugno del 2014 diventando una specie di eroe per la popolazione della regione. A guerra finita il governo ucraino nel timore che Azov (già denunciata da Amnesty e Human Right Watch per abusi e torture nei confronti della minoranza filorussa), diventi una milizia autonoma e incontrollabile, magari con pruriti golpisti, decide di integrarla nell’esercito regolare. Se i suoi effettivi non superano le duemila unità su un esercito nazionale che conta più di 200mila soldati, lo “zoccolo duro” di nazisti duri e puri all’interno del battaglione non va oltre trecento unità.

Peraltro anche nell’esercito russo ci sono corpi di chiara ispirazione nazi accompagnati da lugubri simbologie probabilmente in proporzione ancora maggiore. Certo, i capi Azov sono chiaramente degli estremisti imbevuti di razzismo antirusso, ma la gran parte dei volontari si sono arruolati per motivi pratici, semplicemente perché era il modo più efficace di proteggere il Dombass dall’offensiva separatista. La proiezione politica di Azov è poi del tutto risibile: se alle elezioni del 2014 Biletski riesce a farsi eleggere in Parlamento, nel 2019 il “grande cartello” delle destre nazionaliste Svoboda ottiene un misero 1,9%, sparendo dal paesaggio elettorale ucraino.