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Mattarella
I magistrati evitino l'autocelebrazione e la ricerca assoluta del consenso ma applichino riserbo e eticità nella comunicazione: è questa la sintesi di uno dei messaggi principali del discorso tenuto ieri dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che ha incontrato i magistrati ordinari in tirocinio. In un momento molto delicato per la riforma del Csm, che include anche profili disciplinari riguardanti la direttiva sulla presunzione di innocenza, le parole del Capo dello Stato sono un macigno: «Per garantire l’equilibrio delle decisioni è necessario conoscere i limiti della propria funzione, senza mai cedere alla tentazione dell’autocelebrazione e della ricerca assoluta del consenso». «Anche quando si ritiene di essere nel giusto - ovunque, in qualunque ruolo e condizione- occorre coltivare la fiducia nelle proprie ragioni attraverso il ricorso agli strumenti che l’ordinamento pone a disposizione di tutti, pone a vantaggio di tutti, anche nelle vicende giudiziarie, senza mai cercare di plasmare le regole a piacimento, ma seguendo il modello di garanzie disegnate dalla nostra Costituzione». E ha aggiunto rivolto alle giovani toghe: «Le funzioni che vi apprestate a svolgere sono caratterizzate da grande responsabilità sociale, che impone il serio rispetto della deontologia professionale e la sobrietà nelle condotte individuali. A voi è chiesto di amministrare la giustizia con professionalità e con riserbo, avendo sempre presente il principale dovere che deve assumere il magistrato: l’eticità dei suoi comportamenti, anche nelle diverse forme di comunicazione». Questo perché «il principio di imparzialità transita necessariamente anche attraverso il rifiuto del protagonismo e dell’individualismo giudiziario». Infine un appello affinché i magistrati coltivino l'etica del dubbio senza arroganza e con prudenza: «Interpretare non può mai voler dire né arbitrio né, tanto meno, ricerca di originalità: è la norma - stabilita democraticamente dal Parlamento e correttamente inserita nella cornice valoriale delineata dalla Costituzione - a dover definire, perimetrandolo, l’ambito di riferimento della decisione». Perciò «l'interpretazione delle norme» deve essere «responsabilmente orientata ad assicurare una risposta giudiziaria adeguata alle istanze di tutela e necessariamente sempre radicata nel diritto positivo». «Diviene così evidente - ha proseguito il Capo dello Stato - che il sapere giuridico è requisito indispensabile ma non sufficiente per l’esercizio della giurisdizione. Si rivelano, infatti, altrettanto importanti la capacità di ascoltare e l’apertura al confronto, che costituiscono l’essenza della dialettica processuale. Per questo occorre coltivare "etica del dubbio" e rifiutare ogni forma di arroganza cognitiva, alla quale deve fare da contrappeso la prudenza del giudizio come stile morale e intellettuale della funzione giudiziaria».