Temeva che le autorità russe prima o poi le avrebbero presentato il conto e così è stato. La collaboratrice del nostro giornale Marina Ovsyannikova ha trascorso di nuovo alcune ore in una stazione di polizia. Ieri pomeriggio alcuni agenti hanno fermato la reporter durante una passeggiata con i suoi due cani e l’hanno accompagnata nella stazione del distretto di Krasnoselsky a bordo di un furgoncino per effettuare alcuni controlli. Le è stata contestata formalmente la mancanza dei documenti di riconoscimento mentre si trovava all’aria aperta. In realtà l’ex giornalista di Channel One, rientrata a Mosca da due settimane dopo un’esperienza in Germania dove ha collaborato con il giornale Die Welt, è sotto osservazione per le sue continue critiche verso la decisione della Russia di aggredire l’Ucraina e perché porta all’attenzione dell’opinione pubblica i crimini che si stanno consumando. «È stato un breve arresto precauzionale», racconta al Dubbio Ovsyannikova raggiunta al telefono. «Vogliono – aggiunge la giornalista – sottopormi ad una sorta di pressione psicologica. I poliziotti mi hanno detto che ci rivedremo presto. Adesso ho paura di uscire di casa, in compenso, però, sono viva e questo è quello che conta. Mi hanno trattenuta tre ore nella stazione di polizia senza telefono e mi hanno consentito solo di chiamare il mio avvocato». La posizione di Ovsyannikova sarà esaminata dal tribunale distrettuale Meshchansky di Mosca il prossimo 21 luglio. La pressione psicologica di cui parla la stessa Marina Ovsyannikova ha una sua logica ed è facilmente dimostrabile. Si tratta di una modalità per indurla a tacere e far calare l’oblio sulla sua attività. Sabato scorso la giornalista di origini ucraine ha manifestato nelle vicinanze del Cremlino, lungo la Moscova, esponendo un cartello con le fotografie di alcuni bambini ucraini vittime dei bombardamenti. Qualche giorno prima aveva criticato (si veda l’articolo scritto per Il Dubbio e pubblicato il 14 luglio) l’arresto di Ilya Yashin, 39 anni, uno dei «più giovani e brillanti politici dell'opposizione a Mosca», imputato in un procedimento penale in base alla legge sui "falsi militari". In quella occasione ha rilasciato un’intervista al canale Telegram Sota esprimendo solidarietà a Yashin. Il giovane politico per molto tempo ha collaborato con Boris Nemtsov, assassinato nella capitale russa qualche anno fa, e con il leader dell'opposizione Alexei Navalny. «Ormai a Mosca – dice la giornalista dissidente - non sono rimasti quasi più manifestanti che esprimono il loro disappunto rispetto a quanto sta accadendo in Ucraina. Sono tutti all'estero o in prigione. Per quanto mi riguarda, attualmente, sono in corso tre procedimenti. Mi accusano di screditare l'esercito con i miei articoli, i miei post sui social e le mie interviste. Un quarto procedimento riguarda invece questioni personali, in merito all’affidamento dei miei due figli minorenni. La causa è stata intentata dal mio ex marito che vuole l’affido esclusivo di mio figlio e di mia figlia. Ma la cosa più grave è che non mi lasciano dire la verità. È una situazione molto stressante per me, ma non mollo. Mi hanno contestato una intervista dopo il processo a Yashin. Io ho affermato che quanto sta accadendo in Ucraina è uno dei crimini più gravi del secolo». Le nuove norme entrate in vigore dopo lo scoppio della guerra in Ucraina - il riferimento è all’ormai famigerato articolo 20.3.3 del Codice dei reati amministrativi russo - prevedono multe da trenta a 50mila rubli e il carcere per chi scredita le forze armate. Le maglie nella Russia di Putin si stringono sempre di più per reprimere l’opposizione, ma Marina Ovsyannikova, conscia dei rischi che corre, continua ad esprimere il proprio punto di vista. Una presa di posizione lineare, che, forse, sta convincendo pure i più scettici. In Russia, in Ucraina, e anche in Italia non vedono nelle manifestazioni di dissenso della giornalista una critica sincera e davvero dura verso Putin, il suo cerchio magico e le decisioni drastiche prese dal 24 febbraio a questa parte. Eppure nei mesi scorsi Ovsyannikova ha ricevuto ad Oslo il premio “Vaclav Havel” ed è stata ricevuta nell’ambasciata di Francia a Berlino, dove è stato apprezzato il suo impegno per la libertà di stampa. Scelte che hanno richiesto coraggio con un prezzo da pagare sia sul versante professionale sia su quello della vita privata. Il canale televisivo in cui lavorava è uno dei più allineati nei confronti di Vladimir Putin e le assicurava una carriera tranquilla. «Dissociarsi – aggiunge la giornalista – rispetto a quanto sta facendo Putin implica delle conseguenze. Io spero di non finire in carcere e fino a quando potrò esprimerò le mie critiche e le mie idee. Ho molto apprezzato i messaggi di incoraggiamento e solidarietà ricevuti anche dall’Italia e ringrazio tutti per questa attenzione».La vita di Marina Ovsyannikova è cambiata lo scorso 14 marzo, quando, durante il telegiornale di Channel One, uno dei canali russi più importanti, ha mostrato un cartello contro la guerra. Le sue immagini con la scritta “No alla guerra, fermate la guerra. Non credete alla propaganda, vi stanno mentendo” hanno fatto il giro del mondo in pochi minuti.