La pace tra Israele e Hamas, per ora, regge. Ma il processo di rilascio degli ostaggi — e la restituzione delle salme di chi non è sopravvissuto alla prigionia — sta incontrando nuovi ostacoli e alimentando nuove schermaglie. Israele ha annunciato che manterrà chiuso il valico di Rafah e limiterà l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza finché Hamas non consegnerà tutti i corpi degli ostaggi uccisi.

La decisione, sostenuta dai vertici della sicurezza, nasce dal convincimento che il movimento islamista non stia compiendo sforzi concreti per localizzare le salme. Secondo fonti militari israeliane, Hamas conoscerebbe la posizione di molti dei prigionieri deceduti, non solo dei quattro restituiti nelle ultime ore. L’apertura del valico, inizialmente prevista nei prossimi giorni come parte della prima fase dell’accordo di cessate il fuoco, è dunque sospesa a tempo indeterminato.

Durante i negoziati di Sharm el-Sheikh, Hamas aveva avvertito che il ritrovamento delle sepolture avrebbe richiesto tempo, vista la distruzione pressoché totale di Gaza dopo due anni di bombardamenti. Ma gli esponenti del governo Netanyahu sospettano che il movimento islamista stia solo prendendo tempo. Una fonte dell’intelligence, citata da Channel 12, sostiene che Hamas «conosce bene la posizione di oltre dieci corpi» e che il rifiuto di restituirli rappresenta «una grave violazione degli impegni assunti».

Per accelerare le operazioni una squadra di esperti egiziani è entrata nella Striscia per collaborare con le autorità israeliane alla ricerca delle tombe. Ma sta crescendo anche la pressione dei familiari degli ostaggi, che chiedono di riavere al più presto i corpi dei loro congiunti. Il Forum dei Rapiti ha scritto all’inviato americano Steve Witkoff: «I nostri timori si sono avverati. La preghiamo di fare tutto il possibile per costringere Hamas a mantenere la parola data». L’appello ha avuto pronta risposta da parte delle autorità israeliane: «La pressione su Hamas continuerà a intensificarsi», ha promesso Gal Hirsch, responsabile del coordinamento delle operazioni per il ritorno degli ostaggi.

Dal canto suo, Hamas presenta una versione del tutto diversa dei fatti e accusa Israele di violare a sua volta gli accordi firmati in Egitto. Il portavoce Hazem Qassem ha denunciato le operazioni condotte mattina dall’IDF nella Striscia che hanno causato nove vittime (miliziani secondo Tel Aviv), definendole «una palese violazione del cessate il fuoco» e negando di rallentare la restituzione degli ostaggi allo Stato ebraico. «Noi rispettiamo gli impegni presi — ha dichiarato all’emittente al-Hadeth — e abbiamo informato i mediatori delle difficoltà che stiamo affrontando per adempiervi».

Al di là della propaganda incrociata, il ritrovamento delle salme è oggettivamente complicato, spiegava il portavoce della Croce Rossa Internazionale, sottolineando le difficoltà maggiori rispetto alla liberazione degli ostaggi ancora in vita: «Bisogna cercare e scavare sotto le macerie, potrebbero volerci giorni o settimane, e c’è la possibilità che alcuni di loro non vengano mai ritrovati». Anche perché, nonostante il cessate il fuoco, ancora in queste ore nella Striscia non si è tornati alla calma totale, tra le offensive limitate dell’IDF e i circa 7mila miliziani di Hamas ritornati nelle strade, un po’ per gestire la sicurezza, un po’ per individuare e giustiziare i palestinesi sospettati di aver collaborato con Israele in questi due anni di guerra.

Sul fronte diplomatico, intanto, il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdelatty ha reso noto di aver selezionato quindici tecnocrati palestinesi fuori dai partiti o dai movimenti politici incaricati di gestire l’amministrazione della Striscia di Gaza nel periodo postbellico. I loro nomi, ha detto all’Associated Press, non sono ancora di pubblico dominio per motivi di sicurezza, ma l’elenco sarebbe già stato approvato dal governo israeliano e dagli Stati Uniti. «Dovranno occuparsi della vita quotidiana della popolazione di Gaza», ha spiegato, aggiungendo che un “Consiglio di pace”, presieduto dal presidente statunitense Donald Trump, supervisionerà la ricostruzione e il flusso dei finanziamenti internazionali.

Abdelatty ha precisato che il comitato dei quindici ha ottenuto il consenso di tutte le fazioni palestinesi, compresa Hamas, ma che non avrà alcun ruolo esecutivo nel periodo di transizione. «Si sono impegnati in tal senso — ha aggiunto — e per questo stiamo lavorando a una struttura amministrativa palestinese che garantisca la continuità della vita civile alla popolazione della Striscia».