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Pedro Sanchez
«Quello che Israele sta facendo a Gaza non è difendersi e non è neanche attaccare: è sterminare un popolo indifeso e violare tutte le leggi del diritto umanitario». Con queste parole il premier spagnolo Pedro Sanchez ha parlato dal Palazzo della Moncloa, annunciando un pacchetto di nove nuove misure contro Israele.
Sanchez ha sottolineato che «il popolo ebraico, dopo l’Olocausto, merita sicurezza e uno Stato proprio», ma ha accusato il governo Netanyahu di aver trasformato «quella che a ottobre era stata presentata come operazione militare in una nuova ondata di occupazioni illegali e in un attacco ingiustificato contro i civili palestinesi», definito da esperti Onu come «genocidio».
Il pacchetto di misure
Dopo il riconoscimento dello Stato di Palestina, la Spagna passa ora a provvedimenti concreti: embargo legale e permanente sulle armi a Israele, con divieto di acquisto e vendita di materiale militare; divieto di transito nei porti spagnoli per le navi che trasportano combustibili destinati alle forze armate israeliane; chiusura dello spazio aereo agli aerei di Stato che trasportano materiale di difesa per Israele; divieto di ingresso in Spagna a persone coinvolte direttamente nel genocidio, nei crimini di guerra e nelle violazioni dei diritti umani a Gaza; stop all’importazione di prodotti provenienti dagli insediamenti illegali in Cisgiordania e Gaza; limitazione dei servizi consolari ai cittadini spagnoli residenti negli insediamenti, ridotti al minimo legale; rafforzamento del sostegno all’Autorità Palestinese, con nuovo personale nella missione Ue a Rafah e progetti in agricoltura, sicurezza alimentare e sanità; Aumento del contributo all’Unrwa, con ulteriori 10 milioni di euro; Incremento degli aiuti umanitari per Gaza fino a 150 milioni di euro entro il 2026. «L’obiettivo – ha spiegato Sanchez – è fermare il genocidio, perseguire i responsabili e sostenere la popolazione palestinese».
La crisi regionale
Nel frattempo, secondo il quotidiano libanese Al-Akhbar, Israele ha chiesto agli Stati Uniti di sollecitare il Libano a disarmare Hezbollah nelle aree di Baalbek e Al-Hermel, considerate da Tel Aviv centri chiave per la produzione di droni e missili.