Non più solo video generati dall’intelligenza artificiale, il piano per la riviera del Medio Oriente a Gaza è realtà. Il Washington Post ha rivelato il piano “Gaza Reconstitution, Economic Acceleration and Transformation Trust, or GREAT Trust”, sviluppato dalla Gaza Humanitarian Foundation, per la trasformazione della Striscia di Gaza da enclave devastata dalla guerra a località turistica e polo manifatturiero sul modello di Dubai, che sarebbe amministrata dagli Stati Uniti per almeno una decade per poi lasciare il posto a una «entità palestinese riformata e deradicalizzata».

Nel prospetto, composto da 38 pagine, si legge che i 2 milioni di palestinesi residenti nella Striscia dovrebbero essere spostati in “Aree di transito umanitario” all’interno o, più probabilmente, all’esterno della Striscia, mentre ai palestinesi che posseggono degli appezzamenti di terra verrà offerto un token digitale dal Trust in cambio del diritto di riqualificare la proprietà. Inoltre a ogni palestinese che accettasse di lasciare Gaza verrebbero offerti 5mila dollari in contanti, sussidi per coprire circa quattro anni d’affitto e gli verrebbero forniti viveri bastanti per un anno.

Pronta è arrivata la reazione di Hamas. «Gaza non è in vendita», ha affermato sui social media il membro dell’ufficio politico del Movimento, Bassem Naim, affermando che il territorio è «parte integrante della grande patria palestinese». «Hamas rifiuta tutti questi piani che sfollano il nostro popolo e mantengono l’occupante sulle nostre terre», ha detto un altro funzionario del Movimento a condizione dell’anonimato.

Lo scorso febbraio il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dopo aver dichiarato che gli Usa dovrebbero «prendere il controllo» dell’enclave, ha condiviso sui suoi canali social un filmato, prodotto tramite l’IA e pubblicato inizialmente da account non connessi alla Casa Bianca, ambientato in un ipotetico futuro post bellico della Striscia di Gaza in cui si vede Elon Musk, al tempo ancora nelle grazie di Trump, pasteggiare con diverse pietanze e ballare sulla spiaggia sotto una pioggia di dollari, mentre il presidente Usa e il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, si godono un drink a petto nudo a bordo piscina.

Un altro video simile, generato anch’esso con l’ausilio dell’intelligenza artificiale, è stato pubblicato dalla ministra della Scienza e della tecnologia israeliana, Gila Gamliel, a fine luglio, dopo che all’inizio dello stesso mese Reuters aveva rivelato la proposta della Ghf per la realizzazione di “aree di transito umanitario” su larga scala per i palestinesi a Gaza.

Durante il gabinetto di sicurezza, convocato domenica da Netanyahu, il capo di Stato maggiore, Eyal Zamir, ha avvertito che il piano per conquistare Gaza City trascinerà Israele in una vera e propria occupazione della Striscia. «State andando verso un governo militare», ha detto Zamir nel corso del gabinetto di sicurezza, spingendo per discutere l’accordo accettato da Hamas, raccogliendo a riguardo il sostegno del ministro degli Esteri, Gideon Saar, e di Gamliel. Il premier israeliano ha però tagliato corto negando il voto sulla proposta accettata da Hamas in quanto «non è sul tavolo» e «un’intesa parziale non è rilevante». Linea che sarebbe stata dettata direttamente da Trump: «Mi ha detto: «Dimenticate gli accordi parziali. Entrate con tutta la forza e chiudete la questione», ha dichiarato Netanyahu.

Nelle stesse ore in cui il Washington Post rivelava il piano per la riviera del Medio Oriente, Channel 12, emittente televisiva israeliana, riferiva che un documento interno delle Idf evidenzia come Israele abbia «commesso ogni possibile errore», scatenando così una guerra «contraria alla propria dottrina bellica».

Nel documento si legge che i principali obiettivi dell’operazione “Carri di Gedeone” non sono stati raggiunti: Hamas, nonostante i duri colpi ricevuti alla sua struttura e ai suoi vertici, non è stata sconfitta, gli ostaggi non sono stati liberati, nè con un’azione militare nè con la diplomazia e Israele ha perso il sostegno internazionale. Inoltre, si legge sempre nel documento, la scarsa pianificazione e organizzazione della distribuzione degli aiuti umanitari hanno offerto il fianco ad Hamas e gli hanno permesso di orchestrare una campagna mediatica internazionale basata sulla carestia.

La fame però, secondo quanto certificato dall’Onu in un rapporto del 22 agosto scorso, a Gaza c’è e uccide. Per questo domenica le navi facenti parte della Global Sumud Flotilla, sono partite in contemporanea dal porto di Barcellona e da quello di Genova per poi unirsi il 4 settembre e provare a rompere, insieme ad altre imbarcazioni che lo stesso giorno salperanno da Tunisi e da un altro porto in Sicilia, il blocco navale che Israele ha imposto sulla Striscia.

Sulle circa 50 navi che compongono la flotta sono presenti le delegazioni di 44 Paesi oltre ad attivisti come Greta Thunberg e Thiago Avila. Alcune delle navi, salpate da Barcellona, hanno fatto rientro in porto a causa del maltempo e riprenderanno il mare al migliorarsi delle condizioni metereologiche. L’obiettivo è forzare il blocco navale, attraccare a Gaza e distribuire alla popolazione gli aiuti umanitari, così da creare un corridoio umanitario che permetta di rifornire i palestinesi dei beni di prima necessità. Nel corso del gabinetto di sicurezza di domenica, secondo quanto riportato dal Jerusalem Post, il ministro della sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, ha presentato un piano che prevede di arrestare gli attivisti della flottiglia, designandoli come terroristi e sequestrare le navi.

In base al piano prospettato dal ministro della sicurezza nazionale gli attivisti saranno detenuti nelle prigioni destinate ai terroristi e saranno loro negati privilegi speciali come la televisione, la radio e il cibo specializzato. «Non permetteremo che chi sostiene il terrorismo viva nell’agiatezza. Dovranno affrontare le conseguenze delle loro azioni», ha aggiunto Ben Gvir. L’ultimo tentativo di forzare il blocco navale su Gaza da parte della Freedom Flotilla è stato fatto dalla nave Madleen lo scoro giugno. A bordo si trovavano 12 attivisti, tra cui Greta Thunberg, l’attore irlandese Liam Cunningham e l’eurodeputata francese Rima Hassan. La nave è stata intercettata dalle Idf, il carico sequestrato e i membri dell’equipaggio detenuti e poi espulsi dallo Stato Ebraico.