L’offensiva israeliana su Gaza City entra in una nuova fase. Dopo ore di intensi bombardamenti, i carri armati israeliani sono entrati nelle strade della città: lo conferma l’emittente pubblica Kan, citando fonti palestinesi, e lo riporta anche la Cnn, che parla di un’incursione «graduale e a fasi». La notte è stata segnata da esplosioni incessanti, con famiglie costrette a dormire all’aperto e migliaia di civili in fuga. Secondo fonti sanitarie locali, almeno 60 persone sono morte a Gaza City a causa dei raid, mentre decine risultano ferite.

L’offensiva terrestre e la linea del governo israeliano

Il ministro della Difesa, Israel Katz, ha definito Gaza una città che «sta bruciando», assicurando che le Forze di difesa israeliane (Idf) non arretreranno fino alla «sconfitta di Hamas e alla liberazione degli ostaggi». Dalla politica israeliana emergono anche segnali di preoccupazione per l’isolamento internazionale. Il ministro del Patrimonio culturale, Amichai Eliyahu, ha invocato maggiore autonomia militare: «Israele deve reggersi in piedi da sola, senza rischiare di trovarsi senza munizioni in guerra». Le esplosioni sono state avvertite anche in Israele centrale, secondo il commentatore Ori Goldberg, che ha parlato apertamente di «annientamento» e «genocidio». Parole forti riprese anche da Arbel Yehoud, ex prigioniera israeliana, che protesta davanti alla residenza del premier Benjamin Netanyahu chiedendo il rilascio del fidanzato ancora prigioniero a Gaza.

A lanciare l’allarme più grave è però Medici senza frontiere. Il segretario generale Christopher Lockyear ha accusato Israele di compiere «la distruzione sistematica di un popolo» e ha chiesto un cessate il fuoco immediato. «Molti civili non hanno possibilità di fuggire – ha detto – anziani, malati, donne incinte e feriti sono condannati a morte. Chi riesce a spostarsi trova solo sovraffollamento e scarsità di beni essenziali. È un genocidio compiuto nell’impunità».

L’escalation mette nuovamente la popolazione di Gaza sull’orlo del baratro. A quasi due anni dall’inizio della guerra, la città è teatro di una crisi umanitaria senza precedenti: sfollati, carenza di aiuti e bombardamenti incessanti alimentano il timore di una catastrofe irreversibile.