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Veicoli della Croce Rossa trasportano i corpi di due persone che si ritiene siano ostaggi deceduti, consegnati da Hamas,verso il confine con Israele
Un rapporto riservato dell’Ufficio dell’Ispettore Generale del Dipartimento di Stato americano accende una nuova crisi diplomatica. Secondo quanto rivelato dal Washington Post, il documento avrebbe individuato “centinaia di potenziali violazioni della legge statunitense sui diritti umani” da parte delle unità militari israeliane impegnate nella Striscia di Gaza.
Il dossier, di cui il giornale cita due funzionari statunitensi, sostiene che la revisione delle prove richiederà “molti anni di lavoro”, segno della gravità e della portata delle accuse.
È la prima volta che un rapporto interno del governo Usa riconosce ufficialmente che le operazioni israeliane a Gaza rientrano nell’ambito di applicazione della Legge Leahy, la norma che proibisce agli Stati Uniti di fornire assistenza militare a unità straniere accusate di abusi gravi contro i diritti umani.
Scambi di corpi e tregua fragile
Sul fronte umanitario, Israele ha restituito i resti di 30 palestinesi in cambio delle salme di due ostaggi israeliani, Amiram Cooper e Sahar Baruch, ricevute ieri. Il complesso medico Nasser di Khan Yunis ha confermato che i corpi dei 30 prigionieri palestinesi sono stati consegnati «come parte dell’accordo di scambio». In base alla tregua in corso, Israele si è impegnato a restituire 15 resti palestinesi per ogni ostaggio deceduto riconsegnato da Hamas. Il numero complessivo dei corpi palestinesi restituiti sale così a 225.
Hezbollah si riarma: «Minaccia crescente per Israele e Libano»
Parallelamente, secondo un’inchiesta del Wall Street Journal, Hezbollah sta ricostruendo il proprio arsenale e i ranghi militari dopo le perdite subite negli ultimi mesi. Fonti dei servizi di intelligence israeliani e arabi sostengono che il gruppo sciita, sostenuto dall’Iran, stia rifornendo le scorte di razzi, missili anticarro e artiglieria, utilizzando vecchie rotte di contrabbando attraverso la Siria e porti libanesi, e produca internamente nuove armi. Il ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, ha denunciato che «Hezbollah continua la corsa al riarmo con l’aiuto dell’Iran», definendola «una minaccia per la sicurezza di Israele e per il futuro del Libano».
Tensione crescente al confine libanese
Le incursioni israeliane nel sud del Libano, in particolare a Blida, dove è rimasto ucciso un funzionario municipale, hanno provocato una dura reazione del presidente libanese Joseph Aoun, che ha ordinato alle forze armate di difendere il territorio nazionale da ogni violazione. L’esercito israeliano (Idf) sostiene invece di aver colpito “infrastrutture militari di Hezbollah”. Il movimento sciita ha espresso “apprezzamento” per la posizione di Aoun e ha chiesto al governo di rafforzare l’esercito libanese per «contrastare le aggressioni israeliane».
Il nodo del disarmo e l’equilibrio instabile in Libano
L’accordo di cessate il fuoco tra Israele e Hezbollah, entrato in vigore lo scorso novembre, prevedeva il disarmo delle milizie a sud del fiume Litani, in una fascia di 30 chilometri parallela al confine israeliano.
Tuttavia, come riporta il Wall Street Journal, i progressi sono limitati: il governo libanese ha smantellato alcune postazioni nel Sud, ma non è riuscito a intervenire nelle aree più controllate dal gruppo sciita, come Beirut sud e la Valle della Bekaa. «L’esercito libanese non è pronto né interessato a uno scontro diretto con Hezbollah», ha spiegato Randa Slim, analista della Johns Hopkins University. Secondo le fonti, Hezbollah sta tornando a una struttura più decentralizzata, simile a quella adottata negli anni Ottanta, reclutando nuovi combattenti e mantenendo l’appoggio strategico dell’Iran.


