Se la notizia fosse confermata segnerebbe una frattura profonda nelle istituzioni israeliane in uno dei passaggi politici più traumatici degli ultimi decenni. Il Mossad avrebbe dunque incitato a manifestare in piazza contro la riforma della giustizia del governo Netanyahu?

Lo sostengono i due più importanti quotidiani Usa, il New York Times e il Washington Post, venuti in possesso di file riservati della Cia, trafugati dai server del Pentagono e messi online da una “talpa”, file che dimostrerebbero il ruolo attivo dei servizi segreti di Tel Aviv nelle proteste che da oltre tre mesi scuotono lo Stato ebraico.

A incoraggiare gli agenti del Mossad sarebbe stato direttamente il suo direttore, David Barnea, in carica dal 2021, che prima di dare il via libera ai suoi dipendenti si sarebbe consultato con il procuratore generale. I due giornali statunitensi citano un documento datato 1 marzo in cui alti funzionari del servizio di intelligence «invitano esplicitamente all’azione i loro colleghi, criticando il governo».

Il contenuto del documento è una valutazione degli analisti della Cia che non rivelano però i nomi dei funzionari chiamati in causa. Oltreoceano l’Fbi sta indagando sulla fuga di notizie e tentando di individuare la talpa, ma allo stesso tempo ritiene che i file siano autentici, certificando così l’attività di spionaggio e sorveglianza degli Stati Uniti nei confronti dei loro storici alleati, circostanza più che imbarazzante per le relazioni bilaterali. Tanto più che lo stesso presidente Joe Biden le scorse settimane era entrato a gamba tesa sulle vicende interne a Israele, invitando Netanyahu a «cambiare atteggiamento» verso gli oppositori alla controversa riforma del sistema giudiziario, il che ha irritato non poco il partner.

Sia l’esecutivo israeliano che i vertici del Mossad hanno reagito con prontezza alle indiscrezioni pubblicate dal Nyt e dal Post, smentendole seccamente. «Quanto scritto dai giornali americani è falso e privo di fondamento» si legge in una nota diffusa dal portavoce del premier. Più dettagliata la replica dell’ufficio stampa dell’intelligence: «Il Mossad e i suoi alti funzionari non hanno incoraggiato e non incoraggiano il personale dell’agenzia a partecipare alle manifestazioni contro il governo, alle manifestazioni politiche o a qualsiasi attività politica. Il Mossad e il suo personale di alto livello in servizio non sono assolutamente coinvolti nella questione delle manifestazioni e si dedicano al valore del servizio allo Stato che ci ha guidato il fin dalla fondazione». Parole quasi obbligate di fronte a una crisi istituzionale dagli effetti potenzialmente devastanti.

In effetti gli 007 che tramano contro il governo è qualcosa che non si era mai sentito dalle parti di Israele, tuttavia la natura e l’ampiezza della protesta che invade le maggiori città del paese autorizza a pensare fuori dagli schemi.

In primo luogo perché non si tratta di una rivolta “di sinistra”, agitata soltanto dagli oppositori alla coalizione utra-nazionalista guidata dall’eterno “Bibi”. Tra i milioni di israeliani scesi in piazza ci sono infatti anche elettori del likud, elettori centristi e pezzi degli apparati dello Stato un tempo fedeli al governo. Come l’ex capo della polizia di Tel Aviv, licenziato da Netanyahu perché troppo morbido e tollerante» con i dimostranti, O l’ex ministro della Difesa Yoav Gallant, anche lui silurato dal premier a causa delle critiche alla riforma e oggi tra i principali contestatori dell’esecutivo.

Persino i militari stanno vivendo con estrema agitazione la spaccatura che attraversa la democrazia israeliana e l’intransigenza della coalizione nel voler togliere a tutti i costi prerogative i e autonomia alla Corte suprema minando la proverbiale separazione tra potere politico e potere giudiziario. Scossi anche dalla recente creazione di una Guardia nazionale che farà capo al ministro per la Sicurezza nazionale" Itamar Ben Gvir, definita dal leader dell’opposizione Yair Lapid «una milizia privata» e che lo stesso capo della polizia Kobi Shabtai ritirne «non necessaria».

In questo turbolento contesto non è affatto inverosimile che dirigenti del Mossad possano aver violato il proprio codice deontologico, schierandosi contro il governo più imopolare nella recente storia d’Israele.