Gli Stati Uniti insistono, l'attacco contro gli impianti petroliferi sauditi di Abqaiq, il fine settimana scorso, è stato lanciato dall'Iran. E'stata la Cnn infatti a citare quella che viene definita come una fonte (rimasta anonima) vicina alla squadra di investigatori americani e dell'Arabia Saudita, secondo la quale il complesso industriale sarebbe stato colpito da missili da crociera, che volano a bassa quota, partiti da una base iraniana vicina al confine con l'Iraq. La stessa fonte esclude che i razzi siano arrivati dallo Yemen, smentendo la rivendicazione dei ribelli sciiti Houthi i quali sabato scorso hanno rivendicato l'attacco aggiungendo il dettaglio di aver usato ben dieci droni per individuare il bersaglio. Secondo l'intelligence statunitense gli Houthi non sarebbero però in grado di disporre di tale tecnologia e quindi in grado di colpire con tanta precisione. A provocare altra incertezza è il fatto che ad essere colpito è stato anche il giacimento di Khurais che si trova proprio vicino al confine con lo Yemen, ciò potrebbe aver costituito un tentativo per depistare la vera origine dei missili. Gli ordigni in realtà avrebbero sorvolato il sud dell'Iraq e lo spazio aereo kuwaitiano prima di raggiungere i loro obiettivi. In questo senso il Kuwait sta esaminando l'eventuale presenza di droni nei propri cieli il giorno dell'attacco. Intanto si starebbero esaminando i resti di alcuni missili non andati a segno e caduti nel deserto, per stabilire chi possieda tali armamenti e risalire ai responsabili. In ogni caso gli iraniani hanno già ampiamente negato qualsiasi coinvolgimento. Il portavoce del ministro degli Esteri Abbas Mousavi ha dichiarato senza mezzi termini che «tali accuse cieche e commenti inappropriati in un contesto diplomatico sono incomprensibili e insignificanti». E lo stesso ministro Javad Zarif, che gode la fama di mediatore. ha parlato di «massimo inganno da parte degli Usa.» A livello internazionale la preoccupazione è palpabile, il vertice della Nato Jens Stoltenberg ha chiesto a tutte «le parti di impedire che tali attacchi si ripetano perché ciò può avere conseguenze negative per l'intera regione». Una posizione analoga a quella dell' inviato dell'ONU per lo Yemen Martin Griffiths e dei rappresentanti di Cina, Ue e Regno Unito. Ma sicuramente sono gli effetti economici immediati a inquietare la comunità internazionale, le forniture globali di petrolio hanno già subito un taglio del 5% e i prezzi hanno registrato un aumento simile a quello della prima guerra del Golfo con un picco del 20%.