Quando sposti la polvere quella si mette da un’altra parte, e non basta neanche chiudere le finestre per impedire che si ammucchi di nuovo. Lo stesso potrebbe valere per ogni angolo di rete dove i maschi si sentono liberi di fare i maschi, qualunque cosa voglia dire per loro: viene il sospetto che ne scopriremo ancora un altro, dopo aver chiuso l’ultimo.

Lo dimostra la storia del gruppo Facebook “Mia moglie”, che ha traslocato chissà dove dopo l’ondata di indignazione che in pieno agosto ha scoperchiato il vaso del voyeurismo machista sul web. Quei “mariti” scoperti a condividere senza consenso le immagini delle proprie partner sembrano avere un’unica argomentazione: “Era solo un gioco”. Roba di goliardia, cose da spogliatoio che noi moralisti non siamo disposti ad accettare. Anche se il moralismo c’entra poco, e a spaventare più del resto è il grido che arriva da quella community di 32mila iscritti che re-esiste e reclama cittadinanza: che vi costa lasciarci uno spazio di impunità - ci dicono - ora che ci avete fatto fuori dalla pubblica piazza?

Se non la gestiamo, da qualche parte, quella polvere, deve pure annidarsi. E ne abbiamo trovata parecchia anche sulla piattaforma “Phica.eu”, che oggi ha deciso di auto-oscurarsi dopo le denunce delle politiche finite nella piazza delle foto rubate. Nel “catalogo vip” c’erano anche Giorgia Meloni ed Elly Schlein, protagoniste di scatti manipolati e postati sul sito insieme alle colleghe di ogni schieramento politico: da Maria Elena Boschi a Maria Stella Gelmini, da Alessandra Mussolini a Lia Quartapelle. «Sono state pubblicate non solo immagini in costume, ma momenti della mia vita pubblica e privata. Ho trovato un’intera sezione dedicata a me», racconta la vicesegretaria dem del Lazio Valeria Campagna, che ha scoperto e denunciato il caso insieme alle colleghe del Pd Alessandra Moretti e Alessia Morani.

Le foto sono rubate dal vivo, dai social, o da spezzoni tv. E tutte servono allo stesso scopo: solleticare gli umori del forum, zeppo di commenti volgari e sessisti per ogni “thread” dedicato alla donna di turno. Le donne della politica, in questo caso, che si sono ritrovate sulla piattaforma in compagnia di influencer, attrici e donne comuni.

Chi è stato stanato dovrà migrare ancora, lungo una rotta che lega i gruppi come “Mia moglie” alle piattaforme per adulti come “Phica”. Nel primo caso è stata la polizia postale a chiudere il profilo, e ora le indagini proseguono in attesa che Meta fornisca alla procura i dettagli sugli utenti. Si parte dalle quasi tremila segnalazioni arrivate dalle donne che hanno scoperto le proprie immagini pubblicate senza consenso, con l’obiettivo di risalire alle identità degli uomini che le hanno trafugate e diffuse dietro maschere digitali. 

Per gli altri siti, ancor più se gestiti dall’estero, la procedura invece è più complessa. Le segnalazioni da sole non bastano a fermare gli abusi, ammesso che ci si riesca a riconoscere come vittime in una dimensione in cui il furto d’identità non lascia tracce. Dato il clamore, nel caso di “Phica.eu” sono stati gli stessi gestori a comunicare la decisione di chiudere i battenti, con un’arringa difensiva a cui si allega un link per segnalare eventuali violazioni.

Il forum, si legge nella nota fissata in homepage, «è nato come piattaforma di discussione e di condivisione personale, con uno spazio dedicato a chi desiderava certificarsi e condividere i propri contenuti in un ambiente sicuro». Ma «nonostante gli sforzi - prosegue il messaggio - non siamo riusciti a bloccare in tempo tutti quei comportamenti tossici che hanno spinto Phica a diventare, agli occhi di molti, un posto dal quale distanziarsi piuttosto che sentirsi orgogliosi di far parte». «Per questo, con grande dispiacere - conclude la nota - abbiamo deciso di chiudere e cancellare definitivamente tutto ciò che è stato fatto di sbagliato». Il tutto dopo 20 anni di attività, dal 2005, nel corso dei quali lo “staff” assicura di aver bloccato e denunciato ogni forma di violenza.

«Da sotto la superficie della nostra società in questi siti abita quasi una seconda realtà in cui ribollono sessismo volgare, pregiudizi e violenza. Per opporci a questo sottobosco di idioti e primitivi dobbiamo prima di tutto essere solidali tra noi in modo trasversale, portare alla luce, smascherare e denunciare chi ci offende. Ma scandalizzarci non basta, dobbiamo anche cominciare da legislatori a dare regole a una rete che sembra una savana in cui notizie, immagini e dati sono preda di qualunque spregiudicato», tuona la deputata e responsabile Giustizia Pd Debora Serracchiani. «Serve una risposta urgente e condivisa da parte delle istituzioni, con regolamentazioni serie, strumenti di contrasto efficaci e pene adeguate per chi alimenta queste piattaforme della vergogna», fa eco la deputata Laura Ravetto, responsabile del dipartimento Pari opportunità della Lega. In una giornata segnata dall’indignazione e dalla condanna bipartisan della politica, che ora si muove compatta nella crociata al sessismo. Quello che ci sembrava di aver estirpato a dovere, ora che un corpo femminile può occupare un ruolo senza che si debba parlare del suo corpo.

Anche gli uomini si sono “rassegnati”, e infatti chi usa il web per dare sfogo alla parte peggiore di sé non coglie l’errore: dove sta il torto, se non è reale? Dopotutto, alle schegge impazzite delle identità maschili travolte dall’emancipazione femminile basta una paginetta social per riconoscersi e ricompattarsi. Siamo noi a pretendere troppo…