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Corridor of an empty modern Japanese hospital with Japanese and English signages.
Il 13 novembre 2025 il giudice per le indagini preliminari del tribunale di Ferrara ha disposto l’archiviazione del procedimento avviato a seguito della denuncia-querela di Davide Merchiori riguardo alla morte di Maria Vittoria Mastella. Perché, scrive il giudice, non si formulerebbe «una ragionevole previsione di condanna».
Questa storia comincia a luglio 2024, quando Maria Vittoria Mastella muore. Ha un tumore, viene sedata, rimane tre giorni sedata. Secondo il suo fidanzato, però, Mastella non avrebbe mai consentito alla sedazione palliativa profonda e non sarebbe mai stata informata in modo esaustivo delle sue condizioni. Per questo Davide Merchiori aveva chiesto alla procura di Ferrara di accertare le responsabilità e la legittimità della sedazione.
L’ipotesi di reato è delineata dall’articolo 590 sexies (responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario). Il pubblico ministero aveva chiesto l’archiviazione lo scorso aprile, alla quale c’era stata opposizione.
Ed eccoci alle osservazioni che motivano l’archiviazione di novembre. Non ci sarebbe alcuna responsabilità dei sanitari e il loro comportamento non avrebbe accorciato la vita di Mastella, morta per un tumore e non per la sedazione, né si può inferire che «alcun diverso comportamento avrebbe influito sul decorso e sull’exitus della malattia».
Pare però incontestabile l’assenza di consenso alla sedazione. E forse sarebbe cambiato poco, ma questo basta a giustificare la violazione della sua volontà di non essere sedata o, almeno, l’assenza della sua manifesta volontà di essere sedata? Non solo. Non faccio il medico e la mia è solo una domanda: contemporaneamente alla sedazione profonda non è stata prevista la nutrizione e Mastella ci ha messo tre giorni per morire; questo particolare non dovrebbe essere accertato invece di riferirsi genericamente alla letteratura scientifica che non rileva una accelerazione della morte a causa della sedazione profonda? Sarebbe cambiato qualcosa se fosse stata nutrita?
Il mancato consenso è innegabile visto che, poco dopo, il giudice scrive che “astrattamente potrebbe sussistere (in relazione al mancato consenso alle cure palliative o comunque, a diverse cure) […] il delitto di violenza privata” ma Maria Vittoria è morta e con la sua morte si estingue il diritto di querela della persona offesa.
Ora la giustizia dei tribunali è sempre imperfetta e tardiva e non può che essere così. Arriva quando qualcosa non va, quando non ci si mette d’accordo, quando un danno è stato compiuto. E si cerca di riparare il passato che è comunque irreparabile.
In un mondo imperfetto (in quello ideale non avremmo bisogno né di leggi né di tribunali né di indagini) ci si deve accontentare di questo. Ma in questo caso non sembra esserci nemmeno una giustizia imperfetta.
L’accertamento della causa della morte è più difficile di quanto potrebbe apparire e il nodo principale è questo: c’è un nesso di causalità tra la morte e il comportamento dei sanitari? E un comportamento diverso avrebbe avuto un esito diverso? Mi pare difficile rispondere di no a quest’ultima domanda, anche se questo non significa di certo che sarebbe guarita. Ma avrebbe vissuto qualche altro giorno? E, soprattutto, ha scelto lei di morire così e di essere sedata il 9 luglio 2024?
Perché non è tanto il conteggio delle ore e dei giorni, ma il rispetto della volontà di Maria Vittoria Mastella, l’unica che dovrebbe contare e che tutti hanno ignorato. Nella consulenza tecnica per la procura delle dottoresse Daniela Aldrighetti e Donatella Fedeli alcuni dettagli mi hanno colpito. Quando scrivono di morfina e di sedazione per il controllo della sofferenza c’è un assente grottesco: la volontà. E se è vero che c’è scritto che per la sedazione c’è «da valutare in base alla risposta individuale» sembra riferirsi alla risposta clinica. Poi finalmente compare il consenso, che «non significa firmare un documento, quanto far crescere la consapevolezza del malato rispetto alle sue condizioni» (sempre un velo di condiscendente paternalismo; Mastella era consapevole delle sue condizioni?). E «la decisione di iniziare la sedazione palliativa deve essere compartecipata». Cioè? La decisione è personale, è della persona che decide di essere sedata, non è una decisione compartecipata (se non nel senso debole che ogni consenso prevede: tu sei l’esperto e mi informi, io decido; non decidi tu perché nei sai di più o perché pretendi di sapere cosa è meglio per me).
Poi per fortuna c’è scritto che «è fondamentale il rispetto dei desideri del paziente». Ma che desideri può avere una persona che non conosce la gravità della propria malattia? Verosimilmente dei desideri imprecisi, sfocati e (tragicamente) ignorati a priori.
Io non so cosa avrebbe fatto e cosa voleva Maria Vittoria. Non la conoscevo e nemmeno conoscerla mi sarebbe bastato per saperlo. Non so nemmeno cosa farei io. È per questo che il consenso è così importante. Perché non possiamo essere così strafottenti da decidere per qualcun altro, senza dare a quella persona almeno la possibilità di delegare, di non sapere, di non voler decidere.
Nella prima richiesta di archiviazione del 23 aprile 2025 c’è un passaggio particolarmente bizzarro (proprio in italiano): “È possibile affermare che non si sono ravvisati profili di imperizia, nonostante la mancanza di un chiaro consenso, che verosimilmente è stato desunto dai sanitari in conseguenza delle continue richieste da parte della paziente di dosaggi aggiuntiva di terapia antalgica”.
Per quale ragione il consenso sarebbe dovuto essere desunto e non esplicito? Chiedere dosaggi aggiuntivi di antidolorifici non implica che io voglia essere sedata in modo profondo e irreversibile. E comunque, per quel passaggio che non è solo quantitativo (la sedazione profonda causa la «fine della via anagrafic», come scrive il dottor Mario Riccio, che ha scritto una relazione per Merchiori, che giustamente si chiede anche perché a nessuno sia venuto in mente di farle redigere una disposizione anticipata di trattamento) serve un consenso.
Se non è imperizia questa, cosa lo è? Come scrive Merchiori nella denuncia: «Se anche Maria Vittoria avesse delegato qualcuno a prestare il consenso in sua vece (con atto contenuto nella cartella clinica e nel fascicolo sanitario elettronico), avrebbe comunque dovuto essere informata della sua situazione generale, di modo che la delega potesse essere consapevolmente prestata. Invece Maria Vittoria era a tal punto ignara del suo stato clinico da essere in procinto di sposarsi senza mai smettere di progettare il suo futuro».
A poche ore dalla sedazione, scrive Merchiori, Mastella scherzava, mandavi messaggi, progettava, cercava il fotografo e il bagnino per la piscina per il loro matrimonio. Il 6 luglio avevano comprato le fedi.
E prima della sedazione non ha parlato o salutato nessuno, non ha spiegato, non ha firmato alcun consenso.
L’inverosimile non è per forza falso, ma è certamente una circostanza temporale poco credibile. Che non sarebbe giustificabile nemmeno con un peggioramento improvviso (comunque non documentato nella cartella clinica e mai evidenziato dai sanitari). Perché sedarla in modo profondo e non temporaneo? Perché?
A queste domande qualcuno dovrebbe rispondere.


