«Io credo che i tempi di un’indagine o di un provvedimento cautelare non possono essere dettati in nessun modo da fattori esterni, quali sono le vicende della politica, l’esistenza di una competizione politica europea alle porte. Sarebbe quello un segno di sottomissione», parola di Giuseppe Santalucia, presidente dell’Associazione nazionale magistrati.

Il sindacato delle toghe non ha alcuna intenzione di lasciar cadere nel vuoto le accuse di “giustizia a orologeria” sul caso ligure e replica, colpo su colpo, per fugare ogni sospetto di «sottomissione» a certe logiche. Peccato che a smentire il presidente dell’Anm ci abbia pensato qualche giorno fa proprio la gip di Genova, Paola Faggioni, che ha disposto le misure cautelari per Giovanni Toti e gli altri indagati.

«Il pericolo attuale e concreto che l’indagato commetta altri gravi reati della stessa specie di quelli per cui si procede e, in particolare, che possa reiterare, in occasione delle prossime elezioni, analoghe condotte corruttive, mettendo la propria funzione al servizio di interessi privati in cambio di utilità per sé o per altri», scrive, nelle oltre 650 pagine di ordinanza, la gip, convinta che «tali esigenze cautelari» siano «desumibili, essenzialmente, dalle modalità stesse della condotta dalle quali traspare una evidente sistematicità del meccanismo corruttivo».

Ovviamente la tempistica dell’operazione non pregiudica il valore di un’inchiesta, ma è evidente che l’imminenza di un appuntamento elettorale rappresenti per il giudice un motivo più che valido per disporre gli arresti di un esponente politico. Certo, su un punto Santalucia ha ragione da vendere: in Italia - dove si vota ogni due mesi - sarebbe praticamente impossibile per la magistratura condurre una qualsiasi inchiesta senza finire sotto la lente di ingrandimento del sospetto, ma nel caso di specie la vicinanza delle Europee ha avuto un peso determinante nelle scelte della giudice.

Del resto, a scorrere l’elenco di alcuni precedenti eccellenti, appare oggettivamente difficile considerare le tempistiche di alcune inchieste totalmente indipendenti da elementi “esterni” come le elezioni. C’è il caso di Vincenzo De Luca, indagato nel 2020 per abuso d’ufficio, falsità ideologica e truffa due settimane prima delle Regionali (archiviato!). Come dimenticare poi Mario Oliverio, ex governatore della Calabria, indagato più volte dall’allora procuratore Nicola Gratteri, con un «chiaro pregiudizio accusatorio», secondo la Cassazione. Sempre assolto da ogni accusa, ma nel frattempo scaricato dal suo partito, il Pd, che decise di non ricandidarlo. Ripetutamente sotto indagine è finito anche il governatore lombardo Attilio Fontana e resta ancora tutta da chiarire la posizione dell’ex presidente sardo Christian Solinas, finito in un’inchiesta per corruzione a poco più di un mese dalle elezioni. Quali siano le responsabilità penali dell’ex governatore sono tutte ancora da chiarire ma intanto al suo posto in Sardegna per il centrodestra è stato candidato (e sconfitto) Paolo Truzzu.