Nel dibattito in corso sul progetto governativo di riforma della magistratura, l’Associazione Nazionale Magistrati ha scelto di impiegare tutte le sue energie per opporsi alla ratifica referendaria del disegno di legge costituzionale.

Trattasi di scelta senz’altro legittima, in quanto proveniente dall’organo sindacale di rappresentanza della categoria interessata. Ciò che, peraltro, non può essere sottratto a giusta critica sono il modo in cui tale impegno si sta esplicando e il contenuto degli argomenti che si stanno spendendo nel confronto informativo sul tema.

L’Anm sta compiendo, a mio avviso, un errore veniale di metodo e un grave errore di merito. Quanto al primo, non c’è chi non veda il recente incremento esponenziale dell’esposizione mediatica dell’Associazione. I profili social dell’Anm sovrabbondano di interventi e interviste pressoché quotidiani dei rappresentanti dei gruppi associativi di maggioranza. Il salto di qualità è evidente. Si è passati dalle discussioni interne dentro le mailing list alla divulgazione fruibile da tutti i cittadini. La novità piace ai magistrati, che si sentono parte attiva del villaggio globale. Il punto è che gli argomenti di contrasto alla riforma validi nelle discussioni tra colleghi non hanno la medesima efficacia persuasiva dentro la società civile, e nel tritacarne mediatico rischiano di amplificare il sospetto che l’Anm sia diventata un soggetto di opposizione politica, tanto caro quanto utile ai sostenitori della riforma.

Ma l’errore piu’ grave è, a mio avviso, di merito. Si è scelto di non accettare nulla di questa riforma, che pure una cosa (più che) buona la contiene. Il sorteggio dei consiglieri superiori è misura ineludibile per il recupero di credibilità della categoria agli occhi dell’opinione pubblica, dopo i recenti (troppo recenti) scandali palamariani e il negazionismo autoassolutorio interno, che hanno spianato autostrade all’intervento di riforma. Sul tema nessuna apertura si è registrata nelle esternazioni degli organi rappresentativi dell’Associazione, nemmeno in termini di interlocuzione sulle future leggi attuative, e l’unico gruppo in Cdc (da tempi non sospetti) favorevole al sorteggio, il Movimento Articolo 101 (che per tale ragione non è entrato nella Giunta esecutiva centrale) è stato sempre deliberatamente escluso da ogni recente occasione di incontro istituzionale, con il conseguente oscuramento delle adesioni interne a questa parte della riforma.

Diversamente dal sorteggio, la separazione delle carriere non è stata preceduta da alcun processo sociale di metabolizzazione. Essa si innesta storicamente come corpo estraneo tra il codice di procedura penale di stampo accusatorio del 1988 e la riforma verticistica delle Procure del 2006, celando, più che il rischio di sottoposizione del Pm all’Esecutivo, quello della creazione di un autonomo centro di potere dei Procuratori, del tutto avulso dalla nostra tradizione ed esperienza giuridica, e, quel che è peggio, dal sistema di bilanciamento interno dei meccanismi di carriera e di controllo disciplinare (in combinato disposto con l’istituzione dell’Alta Corte).

In definitiva, nello scenario normativo attuale, successivo alla riforma del 2006, la separazione delle carriere rappresenta una colossale incognita rispetto alla salvaguardia dell’indipendenza dell’intero ordine giudiziario, senza essere, peraltro, qualcosa in più di un semplice manifesto programmatico per il redattore politico. Le recenti esternazioni “off record” di qualche illustre sottosegretario sottendono analoghi timori. Il che dimostra che la falla è aperta e che in essa si poteva entrare.

Perciò, la strategia del muro contro muro alla riforma rischia di rivelarsi fatale. L’accettazione del sorteggio come unico (e necessario) strumento di riforma, e magari la sua spendita in cambio di una rimeditazione degli altri due punti programmatici del progetto (separazione ed Alta Corte), potrebbero rappresentare, invece, una dignitosa soluzione transattiva per tutte le parti in causa, e scongiurare le incognite della riscrittura degli equilibri di potere attuali, senza contare il valore simbolico di tale scelta, che farebbe senz’altro lievitare il numero di follower della categoria su tutti i social media.